Ancora sulla ricetta segreta della miscela

di Luigi Odello
(Presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè)

Cambiare tutto affinché nulla cambi. Perdonatemi, non ricordo chi l’ha detto, ma mi era piaciuto. Ed è stato illuminante quando l’ho sentito pronunciare da un torrefattore per spiegare perché lui non poteva dichiarare le qualità di caffè che usa nella miscela di espresso.

Una miscela di successo è il vero patrimonio del torrefattore, lo identifica, lo rappresenta, lo fa conoscere ai propri clienti e li fidelizza. Ma c’è di più: un barista si fida del suo torrefattore fino a quando non lo tradisce cambiandogli la miscela. E non c’è nulla di più facile che la miscela cambi se è a componenti costanti per origine e per percentuale.

Se si parla di Costarica si pensa subito a un caffè pregiato, ma da un paio d’anni c’è chi lamenta di fare fatica con gli approvvigionamenti. L’Etiopia Sidamo? Ottimo, sempre che sia stato fermentato bene e seccato con grandi attenzioni, altrimenti ci si può trovare con odori che compromettono la qualità. E che dire dell’aumento di immaturi nei brasiliani che si è verificato negli ultimi anni?

Dunque vi sono torrefattori d’alta gamma che cambiano le componenti affinché non cambi la miscela. Ve ne sono alcuni che utilizzano anche 12 origini: non ne occorrono così tante per fare una miscela di pregio, ma questo è un modo per garantirsi la costanza, in pratica gestendo origini analoghe il torrefattore ha sempre la possibilità di ribilanciare la miscela.

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