Baristi italiani, sorridete: siete già nel futuro (se lo volete)

di Carlo Odello *

Fulmine a ciel sereno nel panorama americano del caffè: Starbucks, il gigante dai 16.000 locali sparsi nei quattro angoli del mondo, si gioca il brand. Come riferisce un ottimo articolo di Jason Daley su Entrepreneur Magazine, il colosso di Seattle ha aperto quest’estate un nuovo bar. Ma non l’ha chiamato Starbucks, l’ha chiamato “15th Ave Coffee and Tea”, l’ha arredato in modo del tutto diverso dai suoi locali tradizionali e lo gestisce con una logica completamente diversa.

Perché una catena internazionale che ha fatto di un marchio il proprio punto di forza, che ha serializzato il concetto di bar, cioè un’azienda sfrontatamente global oggi si mette a giocare local? Motivo semplice: ha bisogno di tornare dentro le comunità, di legarsi ai territori, di farsi percepire dal consumatore in modo diverso. Non più la grande catena omologatrice, l’impero del caffè sul quale il sole non tramonta mai, ma il luogo sociale al servizio di una comunità.

La buona notizia per i baristi italiani: siete più avanti di Starbucks. Voi siete già local, voi servite già delle comunità, fate parte del tessuto sociale, anzi contribuite a costruirlo. D’altronde il colosso di Seattle l’ha ammesso: l’Italia è un mercato difficile, con una presenza capillare, radicata e polverizzata di decine di migliaia di bar. Detto francamente: un incubo per la logica commerciale di Starbucks.

La cattiva notizia per i baristi italiani: siete più indietro di Starbucks. La maggior parte di voi non ha un marketing del punto vendita. La stragrande maggioranza dei vostri bar sembrano tutti uguali: non fanno parte di nessuna catena ma conoscono l’appiattimento tipico del franchising, presentando spesso un’offerta di prodotti omologati e banali. Eppure si potrebbe fare molto di più con molto poco: al di là della maggiore cura del caffè, che non guasterebbe, non sarebbe male iniziare a ragionare sulla possibilità di rendere i bar davvero dei luoghi unici, le vnon mancano.

Cari baristi italiani, succhiate da Starbucks un modo di fare marketing diverso. Voi che avete quell’essere local così agognato dal gigante americano. Un passo in più e sarete nel futuro.

* Docente e consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè

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6 Commenti a “Baristi italiani, sorridete: siete già nel futuro (se lo volete)”

  1. manuel terzi scrive:

    Bellissimo articolo! Bellissimo!

    Buongiorno Carlo, ricevo e leggo subito attirato dal titolo che svolge egregiamente i suoi compiti.

    Bellissimo articolo, che ci dice cose che sapevamo già. Sappiamo benissimo noi baristi italiani di essere più avanti di Starbucks, sappiamo benissimo che dire Barista Italiano significa dire Espresso (vocabolo italiano non ancora tradotto), sappiamo che quello che TENTANO di fare all’estero non è nemmeno simile al nostro, che quello che fanno in gara non è nemmeno simile al nostro e non è nemmeno proponibile in un Caffè Italiano, con i suoi 18/20 la coppia.
    Che non è proponibile in un contesto dove oltre all’aspetto affettivo, l’Espresso deve avere anche un riscontro “business”. Sappiamo benissimo che l’Arte del Bottegaio è propria e tipica dell’Italia prima che degli USA.
    Peccato però che a questa grande Maestria che noi vantiamo, e che noi abbiamo, manchi secondo me (generalizzando, e facendo un torto ai produttori di buon Caffè) la Qualità.
    Se noi piccoli Artigiani Baristi Italiani potessimo sentirci Ambasciatori di un Prodotto di Eccellenza, di Alta Qualità, di un Vessillo da sventolare alto sopra tutte le teste che ci facesse sentire ancora più orgogliosi e fieri di essere Piccoli Baristi Italiani, allora, forse, sapremmo dare una forte, netta, nuova, una volta di più, tipica connotazione e differenziazione all’impresa Caffè Italiano.

    Buone colazioni a tutti.

    P.S. Le maiuscole non le ho messe a caso.

    Manuel Terzi

  2. marco paladini scrive:

    Buongiorno,
    rispondo a Terzi.
    Esistono e anche molte torrefazioni che fanno un buon/ottimo prodotto.
    Penso invece che il loro torto primario sia quello di non preparare l’area vendita sul prodotto quanto sulle altre aree ambito della trattativa col cliente.
    I tempi sono maturi per andare nella direzione della “qualità”.
    E sono anche ottimista e penso che presto coloro che entrano nel bar con i 50.000 euro di sconto anticipato e la Classe A in omaggio senza sapere ne prezzi ne consumi del cliente siano destinati a scomparire.
    Sarà il mercato o chi è preposto ai controlli che farà notare loro l’illecito compiuto mentre svolgono la loro attività.
    Marco Paladini

  3. fabrizio torelli scrive:

    Caro manuel terzi e’ giusto cio’ che tu speri , ma alcuni torrefattori pensano di essere il dio in terra , sputano fango su i colleghi senza sapere neanche se le notizie che hanno sono veritiere . E’ per questo che il vessillo che tu speri di sventolare sopra tutte le teste sara’ sempre un’utopia .Ma credi, se un giorno queste persone si guarderanno dentro e capiranno che saranno loro a scomparire, se vendono il loro prodotto per due palanche “questo e’ il vero illecito” forse qualcosa puotra cambiare , altrimenti a ognuno il suo torrefattore. con stima FABRIZIO TORELLI

  4. marco paladini scrive:

    Io mi sento un uomo libero e credo nel libero mercato.

    Pensare di proteggere quello del caffè coi prodotti accessori, leggi finanziamenti, questo sì che è utopico, oltre che ILLECITO.

    E credere che tutto quanto riguardi gli sforzi fatti per la protezione di un prodotto della tradizione italiana sia anche questo utopico, è molto demoralizzante.
    Poche sono le speranze di evitare un INCAPSULAMENTO totale nel mondo Ho.Re.Ca.

    Questo perchè per quanto grande sia forte la presenza capillare sul territorio della torrefazione tipica italiana, è solo una goccia nel mare al confronto con le 6 multinazionali che da sole rappresentano già oggi l’80% del venduto mondiale del comparto caffè.

    Quindi la mia convinzione e quella di molti altri torrefattori italiani, per fortuna, è quella che solo un miglioramento del prodotto a banco, l’ESPRESSO, percepito dal consumatore, porterà ad avere un futuro al BARISTA, al BAR nel senso classico che noi conosciamo e alle nostre TORREFAZIONI.

    Distogliere le risorse e la testa del barista da ciò, non porterà a nulla.

    I prezzi li fa il mercato, dove il libero mercato esiste.

    Su una cosa però concordo: a ognuno il suo torrefattore.

    Ma TORREFATTORE è solo chi vende CAFFE’.

    E anche qui le maiuscole non sono state messe a caso.

    Marco Paladini

  5. Angelo Gregio scrive:

    Grazie Carlo, complimenti per l’articolo, rende molto bene la realtà che si vive nel bar oggi.
    Nella vita ho sempre pensato di essere 5 anni in dietro,sentendomi local, sentirmi nel futuro ora è piacevole .Credo che il territorio Italiano abbia un inconfondibile sensibilità dettata dalla nostra cultura enogastronomica,sull’espresso ci sono ancora margini per migliorare , ma il talento di percepire non si discute .
    Nelle competizioni mondiali siamo sempre vicini a vincere , ma quando si parla di espresso preparato tutte le mattine per un turno di lavoro , cercando di lavorare al meglio la miscela , capire l’umore del cliente e trasformarlo in un attimo di piacere, siamo i primi.
    Credo che sia un ottimo consiglio un buon marketing che vada a sottilineare gli sforzi , la voglia , la passione di creare qualità da parte di una filiera lavorativa molto lunga e variegata .
    Un buon saluto a tutti, Angelo Gregio .

  6. fabrizio torelli scrive:

    cose da pazzi!!!!!!!!!!!