Caffè al bar: il tabù del prezzo

di Carlo Odello

Docente e consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè

Il Secolo XIX riporta che a Imperia il prezzo del caffè rimarrà bloccato. O meglio, nessun locale pare averlo aumentato, seguendo quindi il suggerimento della locale Confcommercio-Confesercenti. Ma anche il quotidiano ammette che "pur di rinunciare all’aumento del costo della tazzina, però, gli esercenti dovranno fare i salti mortali per far poi quadrare i bilanci di fine mese". Tradotto in pratica ciò vorrà dire in poche parole che molti si orienteranno semplicemente su miscele di più basso prezzo e di minore qualità.

Il caffè quindi come la benzina o il pane: tabù parlare di prezzi non allineati, men che meno di aumenti. Gli italiani, abituati ad acquistare vino e prosciutto a prezzi differenti in base al libero mercato, non possono scegliere di spendere qualcosa di più o di meno per un caffè. Il bravo barista che lavora in qualità dovrà fare pagare la sua tazzina come il suo concorrente distratto degli operatori che si limita a preparare il caffè in qualche modo. Ma siamo certi che gli italiani davvero non vogliano scegliere e siano così contenti della politica dei prezzi allineati?
 

Leggi anche:

1 Commento a “Caffè al bar: il tabù del prezzo”

  1. Davide scrive:

    Io penso che sia ipocrita pensare a mantenere il caffè a prezzi così bassi senza informare che per mantenere questi prezzi si cala di qualità della materia prima, di macchinari (manutenzioni ecc..), e di formazione..
    Ma si sa che da sempre in Italia è il cliente che comanda e che decide quello che vuole (anche nella tazza spesso) e questo è frutto di anni in cui molti baristi non sanno fare il loro lavoro e non sono preparati, diventa una pizzeria dove il cliente si sceglie la pizza che vuole perchè quelle proposte non gli piacciono.