Caffè come il vino? Ma anche no

Fermentazione anaerobiotica? Come nel vino. Fermentazione malolattica? Come nel vino. Differenziare i prezzi? Come nel vino. Senza zucchero? Come il vino. Insegnare alla gente ad apprezzarlo? Come il vino. E se c’è l’acido tartarico sa di uva.

I paralleli con il vino, bevanda di successo che porta alta la bandiera italiana nel mondo, sono continui, ma solo alcune volte sono azzeccati.
A parte che l’acido tartarico – nel caffè inesistente o quasi – non sa di uva, i riferimenti alla tecnologia sono veramente tirati per i capelli e molte volte mettono in evidenza una nescienza che, quando saccente, sfocia nell’ignoranza. Se la fermentazione anaerobica è un fatto del tutto naturale quando i microrganismi operano in un ambiente al quale non viene fornito ossigeno, la fermentazione malolattica, che per secoli è stata l’incubo degli enologi, nel caffè può essere un disastro assicurato. Nel vino la forza acida costituisce un buon deterrente a fermentazioni deviate, nel caffè, dove abbiamo un pH molto più alto, trovarsi di fronte a produzioni di diacetile (molecola primaria nell’aroma del burro) o, peggio, a sentori di formaggio, può costituire la normalità. 
Differenziare i prezzi e insegnare alla gente ad apprezzarlo è già più sensato e il primo è una diretta conseguenza del secondo. Con la differenza che il vino ha cominciato circa duemila anni fa, con gli antichi romani. Vero è che chi ha copiato la ruota non ha impegnato lo stesso tempo di chi l’ha inventata e che quindi il nostro percorso può essere molto più veloce, ma siamo certi che la narrazione del caffè debba seguire pedissequamente quella del vino?
E siamo al "senza zucchero". Voi pensate che i vini che si bevono oggi sia più secchi di quelli che venivano offerti qualche lustro fa? Assolutamente no. Anzi, uno dei fenomeni enologici degli ultimi tempi si chiama … Prosecco.
 
Luigi Odello

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