Caffè nel Regno Unito: futuro impossibile per chi non propone qualità

di Carlo Odello

Gennaro Pelliccia è il direttore tecnico di produzione di Costa. Ha iniziato a lavorare in azienda nel 1991 come barista, poi si è unito a Gino Amasanti nella torrefazione dell’azienda nel 1997, dopo gli studi da ingegnere meccanico. Lo abbiamo intervistato.

Cerchiamo innanzitutto di inquadrare Costa. Ci parla della sua storia e di cosa è oggi?
Costa fu fondata a Londra nel 1971 da due fratelli italiani, Sergio e Bruno Costa. Avevano notato che c’era una certa domanda di caffè torrefatto di qualità, così iniziarono a fornire il prodotto a servizi di catering e coffee shops italiani specializzati del Regno Unito. Nel 1978 i fratelli Costa aprirono il loro primo punto vendita a Londra. Da lì iniziò l’espansione, al ritmo di due punti vendita l’anno. Nel 1988 si trasferirono in un impianto più grande, nella Old Paradise Street, nella zona di Lambeth, nel sud di Londra. Nel 1995 Costa fu acquisita dal gruppo Whitbread: aveva ormai 41 punti vendita nel paese. Oggi è il più grande operatore nel settore dei bar a marchio ed è quello che cresce più velocemente: oggi ci sono 600 punti vendita nel Regno Unito e 222 all’estero.

Ci parla del mercato del caffè nel Regno Unito?
Secondo dati dell’aprile 2007 si stima ci siano 9.300 punti vendita tra bar a marchio, indipendenti e operatori non specializzati. Si ipotizza una crescita del 4,2% all’anno che porterà a fine 2010 a circa 11.000 punti vendita. Per quanto riguarda i bar a marchio, il settore delle grandi catene, dal 2001 al 2006 abbiamo avuto un tasso di crescita del 10% l’anno. Oggi ci sono 2.973 punti vendita di questo tipo nel Regno Unito: il mercato gestito dalle catene rappresenta circa il 32% del mercato globale britannico, percentuale che dovrebbe arrivare al 37% per il 2010.

Pensa quindi che vi siano ancora margini di crescita per Costa?
Sicuramente sì. Dodici anni fa conducemmo un’indagine che ci rivelò che nel mercato c’era spazio per punti d’incontro socializzanti che non fossero però dominati dagli uomini, come tradizionalmente avviene nei pub. Questa fu la base per lo sviluppo successivo di Costa. C’è stato un trend di crescita positivo per i coffee shops anche perché le abitudini alimentari nel Regno Unito sono cambiate notevolmente nel tempo. Oggi c’è una maggiore propensione allo snack e al fuoricasa. Per questo il bar è un posto ideale.

Parliamo di qualità nel Regno Unito.
Sicuramente negli ultimi dieci anni l’espresso e il cappuccino sono molti migliorati nel nostro paese. Questo anche per merito del cliente. Negli ultimi cinque anni in particolare, abbiamo vissuto infatti una pressione da parte dei nostri clienti più evoluti, quelli che dopo essere stati in Italia ci chiedevano, appunto, prodotti più all’italiana. E’ poi molto cambiato l’atteggiamento nei confronti del prodotto: una volta si ordinava un espresso perché probabilmente era la bevanda meno cara in menù. All’inizio c’era addirittura un certo timore linguistico verso parole che potevano risultare difficili da pronunciare come “caffè espresso” o “latte macchiato”. Oggi al contrario è una scelta consapevole, un tratto di life-style.

E in futuro?
Senza dubbio questa ricerca di italianità e maggiore qualità continuerà: non ci sarà spazio sul mercato per chi non riuscirà a soddisfare questa esigenza. La prossima fase sarà proprio la scelta del bar in funzione della qualità. Costa si è attrezzata per fronteggiare questa richiesta con efficacia. Abbiamo scelto di riferirci a molti dei parametri già indicati dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano e di avvalerci di macchine e macinadosatori certificati da questo ente. Ma il controllo non è solo a valle, al bar, parte da ben prima con il controllo dell’intera filiera.

Torniamo al consumatore inglese: è fedele alla marca?
E’ innanzitutto molto fedele all’esperienza di prendere un espresso o un cappuccino in un certo tipo di locale. Per esempio molti dei clienti di Costa sono professionisti che si fermano spesso nello stesso bar, mentre vanno al lavoro o ne ritornano. I baristi conoscono così le loro preferenze e li fanno sentire a casa, rendendo un servizio molto personalizzato. Quindi i clienti sono innanzitutto fedeli perché trovano quella certa atmosfera e quel luogo che gli è familiare. Lo sono però anche certamente anche per l’offerta del locale, molto ampia, in grado perciò di appagarli.

Cosa ci dice delle cialde, o più in generale, di tutte quelle soluzioni che permettono l’esperienza del bere un espresso senza il bar?
Nel Regno Unito c’è certamente un mercato casa emergente per questo tipo di prodotti, ma consideriamo che la stragrande maggioranza del caffè bevuto in privato è solubile. Cialde e monodosi, o altre soluzioni di questo tipo, si usano comunque ancora relativamente poco sia a casa che in ufficio. Nel Regno Unito stanno invece avendo un buon successo in locali non specializzati sul caffè, per esempio pub restaurant, in cui alla fine del pasto alcuni clienti desiderano un espresso. In questi casi il basso volume di vendita e il frequente ricambio di personale non sarebbe sufficiente a sostenere la gestione di un attrezzatura completa e di una miscela in grani. Perciò questi locali preferiscono usare una macchina espresso professionale con un portafiltro per cialda. Anche nei punti vendita di Costa usiamo soluzioni di questo tipo per il decaffeinato e il prodotto Fair Trade, per potere servire un prodotto sempre fresco.

Qual è la politica di Costa Coffee sullo scenario internazionale?
Al momento abbiamo più di 200 punti vendita a livello internazionale: Irlanda, Europa dell’Est, Medioriente, India e Pakistan. Non contiamo al momento di espanderci in Italia. Lì infatti esistono dei punti vendita indipendenti molto forti che già servono molto bene il paese. Comunque, in generale in Italia le politiche di brand sono ancora abbastanza limitate.

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1 Commento a “Caffè nel Regno Unito: futuro impossibile per chi non propone qualità”

  1. novella valeri scrive:

    Salve,
    ho vissuto per circa due anni a Londra e più volte mi sono recata in vari Costa Coffee shops, mi dispiace ammettere che la qualità del caffè o lemiscele usate non erano di buona qualità e che il personale impiegato nei vari coffee shops non è in grado di fare buoni caffè, neanche buoni cappuccini, quasi sempre carenti di schiuma.
    Mi scuso per la sincerità, ma quando si è italiani e residenti per un periodo all’estero, si sente talmente tanto la mancanza di un buon caffè o cappuccino!
    Cordiali saluti
    Dott.ssa Novella Valeri
    Receptionist presso la Nuova Simonelli Spa