Quando l’azoto sposa il carbonio nasce la vita

La chimica del carbonio, quando entra in scena l’azoto, diventa la chimica della vita: basti pensare alle proteine e al Dna, la nostra memoria genetica.
Nel caffè i composti azotati sono tra i maggiori elementi caratterizzanti della bevanda, e questo non solamente perché annoverano la caffeina. Vediamo i principali.

Poliammine
Sono naturalmente presenti nel caffè verde in quanto fattori di crescita cellulare, anche se non hanno nomi molto appetibili. Sono infatti poliammine la spermina, la spermidina, la cadaverina e la putrescina.

Amminoacidi
Su un chilo di caffè privato della sua umidità, il peso degli amminoacidi è di ben 100 grammi, poco più, poco meno. Di questi il 5% circa è rappresentato da quelli liberi, ma alcuni autori riportano che nell’Arabica possiamo trovare anche 20
grammi per chilo di questa frazione.
I più importanti sono: alanina, arginina, acido aspartico, asparagina, cisteina, acido glutammico, glicina, istidina, 3-metilistidina, isoleucina, leucina, acido-γ-amminobutirrico, lisina, metionina, fenilalanina, prolina, serina, treonina, tirosina, valina, triptofano, acido pipecolico.

Proteine
Le proteine, formate dall’unione di più amminoacidi, rappresentano dal 9 al 13% dei costituenti del caffè verde.

Caffeina
La chimica la chiama con un nome più impegnativo – 1,3,7-trimetilxantina – ma comunque la si voglia denominare rimane l’alcaloide più caratterizzante del caffè e anche uno dei componenti ai quali dobbiamo una delle funzioni fisiologiche più importanti. Nel caffè è presente in percentuali che possono variare da meno di uno a oltre quattro.

Trigonellina
È un altro alcaloide presente nel caffè. A questo composto la scienza galenica ascrive proprietà stimolanti dell’appetito, ipoglicemiche, antispasmodiche; immuno-stimolanti, diuretiche e persino afrodisiache. È presente nel caffè verde in percentuali oscillanti tra 0,3 e 1,3%.

Correlazioni tecnologiche e termocomportamento
Nelle tostature piene le poliammine presenti nel caffè si degradano quasi totalmente evitando che il prodotto possa risentire sensorialmente della loro presenza e del carattere sensoriale poco gradevole di cui sono portatrici.
Per quanto riguarda gli amminoacidi, pare che alcuni siano addirittura correlati con la varietà (arginina, alanina e acido pipecolico), e di sicuro c’è una correlazione diretta tra il contenuto di queste sostanze e l’indice di maturità.
In tostatura alcuni amminoacidi sono stabili, mentre altri (in particolare arginina, cisteina, lisina, serina e treonina) sono ridotti ad aldeidi in quella che viene comunemente chiamata degradazione di Strecker (la troviamo anche per quanto riguarda l’imbrunimento degli zuccheri). Anche la reazione di Maillard li coinvolge a fondo. Fatto sta che nel caffè tostato gli amminoacidi liberi sono presenti solo in tracce.
Le proteine registrano variazioni moderate, in termini quantitativi e qualitativi, dovute alla specie, mentre subiscono decise degradazioni in cottura: dal 20 al 40% in caso di tostatura media, oltre il 50% quando si eseguono tostature spinte.
Il contenuto in caffeina è invece fortemente dipendente dalla specie (la Coffea Canephora può avere un contenuto di questo alcaloide anche di quattro volte superiore all’Arabica) e dall’ecosistema di produzione, mentre è sostanzialmente termostabile: durante la tostatura se ne perdono solo piccole frazioni per sublimazione.
La trigonellina varia molto tra le due specie principali di caffè: da 0,3 a 0,9 nella Robusta a 0,6 a 1,3% nell’Arabica. Durante la tostatura si degrada: a 180 °C si ha una perdita del 60%, mentre a 230°C si raggiunge l’85%. I principali composti che ne derivano sono rappresentati dall’acido nicotinico (niacina) e dal suo estere, la N nicotinammide. In 100 grammi di caffè tostato per espresso (tostatura piena) la presenza del primo componente può raggiungere i 40 milligrammi equivalenti a circa 3 milligrammi per tazzina. In poche parole, con 5 espresso al giorno soddisfi amo quasi il nostro fabbisogno di acido nicotinico che è di 18 milligrammi.

Effetti sensoriali
Le poliammine presenti nel caffè hanno un carattere sensoriale decisamente negativo e quindi è buona cosa non stare sotto certi livelli di tostatura. Possono comunque essere precursori di sostanze odorose come la pirrolidina.
Gli amminoacidi sono tra gli elementi che maggiormente caratterizzano l’aroma del caffè, sia per la reattività a caldo che hanno quelli solforati, sia per la riduzione ad aldeidi che, come ben si sa, sono nella maggior parte dei casi olfattivamente molto attive. Non occorre infine dimenticare la capacità che hanno di legarsi ad altri elementi originando nuove molecole di notevole impatto sensoriale. Un discorso particolare lo meritano, per l’appunto, i solforati: non solo da cisteina, cistina e metionina si originano sostanze attive in bassissima concentrazione come i mercaptani (tra cui il 2-furilmercaptano che è sostanza emblema dell’aroma del caffè), ma si origina anche tiofene (pregevole a basse concentrazioni, poi sa di cipolla) e tiazoli.
Insomma, complessivamente i composti azotati intervengono sulle caratteristiche sensoriali:

  • nell’ambito della reazione di Maillard con formazione di molti elementi volatili e pigmenti coloranti;
  • nell’ambito della reazione di Strecker con formazione di pirazine, ossazoli e composti eterociclici azotati;
  • in particolare nella degradazione di aminoacidi solforati: formazione di mercaptani, tiofeni o tiazoli;
  • nella degradazione di aminoacidi idrossilici: formazione di composti eterociclici volatili tra cui le alchilpirazine;
  • nella degradazione di prolina e idrossiprolina: formazione di pirroli e piridine;
  • nella combinazione con polifenoli per la formazione di composti che danno corpo e riducono l’astringenza;
  • nella formazione di macroproteidi tanto utili per la formazione della crema quanto della sciropposità della bevanda.

Per quanto riguarda la caffeina, tanto amara da costituire uno degli standard Iso del sapore, nel contesto caffè evidenzia ancora questa sua caratteristica, ma la sua partecipazione al conferimento dell’amaro è relativa, essendo esplicata maggiormente da altri componenti. La trigonellina è amara e contribuisce all’intensità di questo sapore in relazione a quanta ne rimane dopo la tostatura.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Roasting (Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

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