Imparare ad assaggiare migliora la qualità della vita

Un piccolo sondaggio su LinkedIn ha posto il quesito “Ti piacerebbe imparare ad assaggiare per sapere scegliere meglio, apprezzare di più e capire un prodotto mediante la sensorialità?” Già le 3.788 visualizzazioni dimostrano che l’argomento ha suscitato un discreto interesse, ma è soprattutto analizzando le risposte dei votanti che i sensorialisti traggono un vero piacere: il 95% ha segnato “molto”, il 4% “abbastanza”, l’1% “poco”. Su questi risultati che non lasciano spazio a equivoci c’è da fare una riflessione: le aziende del settore alimentare fanno abbastanza per soddisfare il legittimo desiderio dei clienti di diventare intenditori? O molte lo considerano ancora inutile se non pericoloso? Qui si innestano altre due considerazioni. Parlare di sostenibilità, di bio e altre cose del genere (certamente degne della massima attenzione) va sicuramente di moda ed è di estrema comodità, ma risponde davvero all’esigenza primaria del cliente della ricerca del piacere? La seconda: le aziende – anche attraverso le loro academy, che ormai sono più di 300 nel settore dei cibi e delle bevande – non insegnano per timore che creare intenditori diventi un boomerang o, più semplicemente, non sanno da che parte cominciare? Con buone probabilità la seconda ipotesi ha un certo peso. Lo stiamo scoprendo attraverso una ricerca iniziata mesi fa e forse sulla questione gioca anche l’idea emergente che preparare un assaggiatore sia una via lunga e costosa. In parte è vero: per diventare grandi assaggiatori non basta una vita, ma per iniziare è sufficiente una sola giornata. E si vive meglio.

Luigi Odello

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