È solo il mio parere, quindi non faccio nomi

6 Febbraio 2024

Domenica mattina, nella quiete del giorno festivo, mi sono assaggiato venti capsule di un noto formato oggi in uso da parte di molti. E ho imparato un sacco, perché ho ritrovato tanti difetti del caffè che conoscevo, ma non sentivo da tempo, e alcuni persino nuovi che cercherò di indagare attraverso la sensomica, perché davvero mi è difficile comprendere come certe note possano esistere nel caffè. Finché si tratta del sentore di stalla, per quanti come me sono di origini campagnole non è un mistero. Anche all’olio bruciato dei trattori ci arrivo facilmente, ma al peperone ammuffito ho qualche difficoltà.
L’esperimento mi ha fatto però non poco riflettere: c’è chi di recente ha scritto, riferendosi al bar, che il nostro è il peggiore caffè del mondo, ma ha mai sperimentato quello che circola nel consumo casalingo? Mi chiedo quindi come possiamo pensare a un consumatore evoluto che chiede qualità se a casa circolano certi prodotti. A parte questo siamo alle solite: occorre evitare qualsiasi generalizzazione, perché venerdì in treno mi sono bevuto un caffè del vending di tutto rispetto.
Insomma, so che con questo post non sto dando un grande contributo, so che se scrivessi i nomi e redigessi una classifica solleverei un bel polverone e magari sarei chiamato dai più tartassati per una consulenza o per insegnare nella loro accademia. Ma sono cose che lascio fare ad altri.

Luigi Odello

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Caffè: una riflessione intorno alle tendenze di gusto in Italia

30 Gennaio 2024

Negli ultimi anni è molto cresciuta l’attenzione al gusto. Non solo sono in crescita gli scolarizzati, vale a dire coloro che profondono risorse per l’apprendimento, ma in linea generale la ricerca del “buono” si sta affermando in modo considerevole. Questo è un dato estremamente positivo per le aziende protese verso la qualità intesa come soddisfazione del consumatore, ma non si può sottacere sul fatto che ponga una sfida di rilievo agli specialisti del marketing e ai professionisti della ricerca e sviluppo.
Nel panorama generale il caffè non fa eccezione e l’Espresso Italiano che è alla ricerca di nuove espressioni. Non mancano in tal senso creazioni di micro-roaster, artisti artigiani, che quando non soggetti a mode di dubbia piacevolezza, offrono esperienze positive emozionanti. Le grandi aziende non sono da meno: non solo accrescono la proposta volgendosi alle monorigini, ma con metodi rigorosi interrogano i consumatori per riunirli in cluster e comprenderne le tendenze. Oggi si usano metodi di indagine innovativi, veloci ed economici che consentono di realizzare migliaia di prove per ogni test da elaborare con tecniche statistiche all’avanguardia così da definire che le preferenze di diversi segmenti di popolazione definiti in base a variabili socio-demografiche.
A titolo di esempio, per quanto riguarda il gusto su base geografica, in Italia si può parlare di cinque stili di espresso, passando da una preferenza di caffè più acidi e di aroma floreale e fruttato fresco al Nord a caffè più amari e speziati a Sud. Ma non bisogna generalizzare, perché le enclavi che tradiscono questa geografia del gusto sono molte e si assiste a un orientamento su tostature piene e corpo elevato con riduzione del sapore amaro. Sempre in Italia si nota una maggiore propensione dei giovani verso caffè con maggiori livelli di acidità e bouquet di fiori e frutta fresca, senza sfociare in esagerazioni. I grandi consumatori (da 5 a 7 tazzine al giorno) prediligono caffè equilibrati, di buon corpo e di aroma complesso, mentre tostature scure con forti accenti speziati sono appannaggio dei basso-consumanti.

Luigi Odello

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5.500 prove per definire gli stili del migliore caffè del mondo: l’Espresso Italiano

23 Gennaio 2024

La generalizzazione è frutto dell’incompetenza e porta irrimediabilmente a giudizi ben lontani dalla realtà. Classificare significa cominciare a conoscere e dalla conoscenza nasce la scienza che invita alla prudenza. Noi ci abbiamo provato scoprendo e descrivendo statisticamente cinque stili dell’Espresso Italiano, mettendo anche in evidenza le preparazioni che non possono essere considerate tali.

Michelangelo ebbe a dire che ogni statua è già presente nel blocco di marmo, l’unico compito dello scultore è quello di liberarla. Lui in questo era un genio. Uno stile nasce quindi dalla capacità di plasmare le risorse disponibili in funzione del senso estetico presente nell’autore del medesimo e della sua capacità di interpretare il gusto di una cultura. Nell’ambito del caffè, le risorse che sottendono a uno stile sono essenzialmente costituite dalle diverse tipologie impiegate (specie, varietà, origine), dal metodo di tostatura e dai parametri di estrazione (grammi di caffè, granulometria, temperatura e pressione dell’acqua, tempo e grammi o millilitri in tazza).
Si può quindi parlare di stile quando esiste un’identità sensorialmente percepibile e inequivocabile. L’Espresso Italiano, pur nella sua pluralità di espressioni, la evidenzia con chiarezza, sostenuta da un archivio storico di migliaia di prove d’assaggio.

Il posizionamento sensoriale
Prendete un piano cartesiano e tracciate un asse, in relazione alle ascisse, sul quale l’amaro decresca procedendo da sinistra verso destra, lasciando via via il posto all’acido che aumenta di intensità. Poi inserite l’asse delle ordinate che, partendo dal basso e andando verso l’alto, indichi via via una riduzione di vegetale, speziato ed empireumatico, per cedere il passo alla progressiva crescita dell’intensità di fiori e frutta fresca, passando ovviamente per i toni del tostato (con pasticceria, cacao, caramello e molti altri) e poi della frutta secca ed essiccata. Ora generate un algoritmo che comprenda anche il corpo (indicato sul grafico dal diametro delle sfere) e con esso trattate i dati sensoriali di oltre 600 caffè diversi, tutti testati mediamente da nove assaggiatori, quindi per un complessivo di quasi 5.500 prove.
È quanto abbiamo fatto noi per verificare le possibilità esistenti di individuare gli stili dell’Espresso Italiano e di distinguere questo da preparazioni che, pur essendo espresso, non possono essere dichiarate conformi alla tazzina made in Italy. Elemento fondamentale per mettere a punto l’algoritmo è ovviamente stato il profilo generato dall’Istituto Espresso Italiano (Iei) che attualmente verifica e qualifica decine di miscele italiane. Di notevole utilità sono stati i campioni di caffè di tutto il mondo che hanno partecipato alle diverse edizioni di International Coffee Tasting, il concorso organizzato dall’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac).
Nel grafico, per motivi di leggibilità, non sono riportati tutti i caffè descritti, bensì solo un’aliquota rappresentativa. Cosa possiamo desumere dal grafico? In primo luogo, si può osservare il diametro delle sfere: il disciplinare per l’Espresso Italiano Certificato indica un limite inferiore per il corpo, quindi quando una sfera è piccola significa che è basso e dunque un caffè non può essere compreso nella categoria. E poi si passi al posizionamento: al centro si collocano i campioni molto bilanciati sotto l’aspetto amaro/acido e con note evidenti di tostato, ma non carenti negli altri sentori nobili e non viziate da note poco eleganti. Man mano che ci si allontana spingendosi lungo la diagonale del primo quadrante (in alto a sinistra), si individuano miscele con amaro intenso, ma ancora con sentori di fiori e frutta fresca più o meno evidenti. Per contro in alto a destra (secondo quadrante) si collocano i campioni con decise note floreali e fruttate e una freschezza acida elevata. Il terzo quadrante (in basso a destra) è sicuramente il più spoglio in quanto è molto difficile ottenere caffè di elevata acidità con la presenza di note speziate o addirittura empireumatiche. La motivazione è complessa e certamente non descrive caffè positivi: una simile miscela può essere fatta solamente con componenti tostate male, alcune molto poco, altre moltissimo, soprattutto se il campione considerato dovesse raggiungere l’apice della diagonale del quadrante.
Nel quarto quadrante (in basso a sinistra) si posizionano i campioni che hanno un amaro elevato unito a note speziate intense, fino a esprimersi, quando estremi, nell’empireumatico. Questa è una diretta conseguenza della specie di caffè utilizzata e della tostatura alla quale è stata sottoposta.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist (Centro Studi Assaggiatori)
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L’Italia del caffè e la mancata comunicazione

16 Gennaio 2024

Perché, soprattutto in Italia, la patria dell’espresso, questo prodotto non gode della stessa attenzione del vino? Sostanzialmente perché non ha ancora permeato in modo profondo l’universo di quanti fanno della qualità della vita una filosofia, un emblema che dichiara uno status attraverso competenza, raffinatezza, conoscenza e valore della scoperta. Talvolta la mancanza di narrazione parte dal bar. Siete al bar, sorseggiate un caffè, un espresso fatto davvero bene. Aprite sensi e mente al suo aroma, più vi focalizzate su di esso e più vi colpisce. Cercate con lo sguardo qualche elemento che possa giustificare la piacevole emozione che state provando. Nulla. Vi rivolgete al barista, con cautela, naturalmente: “Di chi è questo caffè?”. Risponde chinandosi faticosamente per prendere un pacco dal mobile che sorregge la macchina e risponde: “Di questa piccola torrefazione”, dice mostrando la confezione. Una domanda del genere rivolta a un ristoratore per un vino poteva costarvi un quarto d’ora di racconto su come l’aveva scoperto, qui purtroppo si è risolta in poche parole.
Si potrebbero usare gli stessi paesi di origine come motore di narrazione. Il caffè viene coltivato in paesi esotici, il cui solo nome ha una capacità evocativa enorme. Basti pensare ad alcune nazioni della fascia tropicale: Brasile, India, Messico, Kenya e tante altre hanno un appeal turistico grandioso che il caffè non sfrutta. Le piantagioni non sono come i vigneti e i centri di lavorazione non sono come le cantine del vino: chi riesce a visitare questi luoghi trova molte volte un’ottima accoglienza umana, ma è costretto a giungervi senza poter contare su proposte strutturate. Non esiste ancora un turismo del caffè, sebbene le potenzialità di questo settore siano enormi.
A proposito di paesi di origine, l’operatore che dovrebbe conoscere i coltivatori del caffè è il crudista, l’intermediario che con modalità diverse consente al caffè verde di raggiungere il torrefattore. Eppure, spesso si scoprono crudisti italiani che fanno da una vita il loro mestiere senza mai essere stati in una piantagione. Fortunatamente ci sono state lodevoli eccezioni, operatori molto attivi nella comunicazione e che hanno persino consegnato alla stampa le loro esperienze dando vita a libri molto belli. La mancanza di narrazione è da imputarsi anche ad alcuni torrefattori italiani che non comunicano oppure quando lo fanno generalizzano, generando nel loro utente false convinzioni.
Per esempio, negli ultimi trent’anni è cresciuta e si è ormai affermata la tendenza a distinguere le miscele in due grandi categorie: quelle composte da sola Arabica e quelle che hanno anche Robusta, inducendo nel consumatore la convinzione che solo le prime possano esprimere l’idea di qualità. Alcuni torrefattori sono restii all’idea di indicare le origini usate nelle loro miscele, talvolta temono di essere copiati dai concorrenti oppure di dare loro un indebito vantaggio competitivo. Questo atteggiamento si risolve in una ennesima opportunità mancata di comunicare con il cliente. I motivi alla base di questa reticenza sono tanti, profondi e antichi. Il mondo della torrefazione, tra le grandi branche delle aziende alimentari, è l’unico che non ha una scuola e quindi la circolazione delle idee è limitata alla base. Esistono gli enologi, i casari e i birrai, ma non i tostatori. A questo si aggiunga che il caffè è stato finora venduto in Italia, in molti casi, non per quello che è, ma come elemento inserito in un pacchetto di servizi al barista. Perdendo la sua centralità, il caffè si è visto relegare a fattore che non deve generare problemi: chiunque al bar deve poter fare un caffè senza incorrere in un risultato visivamente scadente.
Su questo assioma sono costruite decine di miscele che buone non sono, ma sono facili. Fortunatamente ci sono al contrario torrefazioni italiane che non cercano prodotti facili, ma caffè complessi e che narrano con dovizia di particolari e formano i baristi per renderli specialisti, mettendoli in grado di lavorare bene miscele difficili di alta qualità.
In questo contesto ecco che il barista assume un ruolo chiave. Non solo la qualità del caffè in tazza dipende da questa figura in quanto gestore della miscela (fin dalla sua scelta), del macinadosatore e della macchina. Da lui dipende il racconto del caffè, che non è fatto solo di parole, ma anche di un servizio inappuntabile e di un’umanità profonda. La narrazione aumenta il valore della tazzina. E chi se non l’Espresso Italiano Specialist ha il compito di narrare la sua opera? Gli chef vivono con il problema di lavorare distanti dal cliente finale, mentre il barista ha il contatto continuo con i propri clienti; quindi, ha una grande chance per fare apprezzare la sua professionalità migliorando così il proprio status, il prestigio del bar e la soddisfazione del cliente. L’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) ha oggi migliaia di assaggiatori in oltre 40 paesi del mondo che dispongono di un mezzo narrativo straordinario: sanno leggere una tazzina di caffè comunicando agli altri il percepito e quindi hanno la possibilità di stabilire una relazione intima utilizzando il prodotto. Per questo l’Istituto ha creato gli Espresso Italiano Trainer, veri ambasciatori della cultura del caffè capaci di svolgere seminari intriganti per operatori e consumatori.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist (Centro Studi Assaggiatori)
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L’azienda Costadoro presenta le sue novità alle fiere Sigep e Marca con uno stand rinnovato nel visual e tante collaborazioni di successo

16 Gennaio 2024

Riprendiamo volentieri il comunicato stampa di Costadoro.

Costadoro S.p.A. è l’azienda torinese produttrice di caffè di alta gamma che rappresenta oggi una realtà industriale presente in oltre 40 Paesi.

Costadoro sarà presente dal 20 al 24 gennaio nel Padiglione B1, Stand 200 del Sigep – l’appuntamento imprescindibile per scoprire le ultimissime novità, innovazioni e tendenze del Foodservice Dolce – ma anche alla 20° edizione del Marca by BolognaFiere, in programma a Bologna il 16-17 gennaio. Quest’ultima è l’unica manifestazione dove espone la Distribuzione Moderna Organizzata.

Al Sigep, presso uno stand completamente rinnovato nel visual, Costadoro organizzerà diversi eventi in collaborazione con clienti ed aziende partner, con focus sulle più recenti innovazioni:

  • Sabato 20/01 mattina: Alpro, brand di Danone, con la quale Costadoro condivide, oltre che una partnership commerciale, anche una filosofia aziendale improntata ai valori imprescindibili per essere certificati B Corp. Costadoro ha infatti recentemente ottenuto la Certificazione B Corporation, la quale riconosce le imprese che operano rispettando alti standard di performance sociale e ambientale.
  • Sabato 20/01 pomeriggio: le World Latte Art Champions Manuela Fensore e Carmen Clemente
  • Domenica 21/01 mattina: Fonte Handcrafted blends, Via Geschwister Scholl 10, 72160 Horb am Neckar, Germania
  • Domenica 21/01 pomeriggio: Gelateria Perlecò, Passeggiata Dino Grollero, 20/21, Alassio
  • Lunedì 22/01 mattina: Pasticceria Armonie, Via Alta, 55, 30020 Marcon VE
  • Lunedì 22/01 a pranzo: Latteria Marini, Piazza Roma, 5, 63100 Ascoli Piceno
  • Lunedì 22/01 pomeriggio: Pasticceria Rêver, Via G. Rossini, 26/B, 00041 Albano laziale
  • Lunedì 22/01 sera: Pole Pole Bar, Via G. Garibaldi, 24, 17028 Spotorno
  • Martedì 23/01 pranzo: Molini Bongiovanni – con Salvatore De Rinaldi dell’Azienda Casa De Rinaldi, Via Antonio e Luigi Sementini, 28, Napoli. L’azienda è recentemente entrata a far parte della rete di eccellenze piemontesi Exclusive Brands Torino, guidata dal Presidente e AD di Costadoro Giulio Trombetta.
  • Martedì 23/01 sera: Istituto Nazionale Espresso Italiano, Galleria Vittorio Veneto, 9, Brescia

Costadoro si presenta a queste importanti fiere con una personalità rinnovata nel look dello stand ma anche delle sue miscele Lab, Respecto, Master, Super ed Extra, dove il caffé è il centro del racconto e allo stesso tempo è il link che lega tra loro i vari ambienti di socializzazione frequentati dagli amanti della qualità Costadoro. Un mood ricercato senza essere elitario, aspirazionale pur rimanendo accessibile, contemporaneo e social, caldo, relazionale, ispirazionale.

Nell’ottica di essere accessibile a tutti i pubblici Costadoro ha scelto una strategia multicanale, sbarcando recentemente nella Gdo con una linea retail di prodotti che comprende pack e miscele di vari tipi e formati (dal macinato per moka, ai grani, dalle capsule compatibili Nespresso a quelle compatibili con macchine Lavazza A Modo Mio).

Costadoro sarà presente nel 2024 anche alle fiere: Gulfood di Dubai dal 19-23 febbraio, all’Horeca Expoforum di Torino dal 17-19 marzo e al Cibus di Parma dal 7-10 maggio.

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Iiac Partner: Italcaffè

9 Gennaio 2024

Il 2019 non solo segna per Italcaffè un importante anniversario, il 50esimo, ma è anche un anno di grande rinnovamento. Un cambio generazionale, una nuova immagine ed uno stile comunicativo davvero innovativo, non solo al bar, ma anche online.
Segni grafici, semplici e istintivi come pennellate, evocano il nostro splendido territorio e faranno da nuovo abito ai pack, agli accessori ed a tutta la comunicazione del brand.
L’idea nasce per celebrare l’importante legame che c’è tra la torrefazione spezzina con l’ampio e splendido territorio a cui si rivolge.
È proprio a partire dai valori di Italcaffè che è nata la nuova immagine ed è stato costruito il progetto di comunicazione.
Artigianalità e legame col territorio sono i due ingredienti che non potevano mancare.
Segni grafici, che sembrano quasi delle pennellate, evocano alcune immagini da cartolina della nostra terra: Tigullio, Cinque Terre, Golfo dei Poeti, Lunigiana, Apuane e Versilia.
Oggi Italcaffè è un punto di riferimento per bar e ristoranti di un territorio davvero vasto, che parte dalla provincia di Savona per arrivare a quella di Lucca andando, negli anni, anche oltre i confini Nazionali.
Il suo cuore resta alla Spezia e nelle Cinque Terre, dove è senza ombra di dubbio il caffè più bevuto al bar.
Sempre all’avanguardia con le più recenti tecnologie disponibili, Italcaffè ha moderni impianti sia per la tostatura che per il confezionamento in atmosfera protettiva delle proprie miscele. Il motivo di questa scelta risiede nella volontà di fornire ai propri clienti confezioni completamente ermetiche in grado di preservare la qualità di tutte le miscele e caffè.

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Personaggi illustri intorno al caffè

2 Gennaio 2024
Papa Clemente VII (fonte Wikipedia)

La storia del caffè è costellata di personaggi illustri che, per passione o per professione, hanno dovuto occuparsene. Considerate le origini della bevanda nervina il primo ad avere un ruolo di difensore fu il sultano Bayezid II. Non fu per il caffè che meritò il soprannome di “giusto”, ma nel 1512 intervenne a suo favore per assolverlo dalle accuse che gli erano mosse da più parti di essere contrario alla religione. Lo stesso fece Papa Clemente VII (1536-1605) di fronte a un nugolo di principi della Chiesa che lo ritenevano la bevanda del diavolo adducendo quale prova inconfutabile il fatto che fosse largamente in uso tra gli islamici. Interessante notare come il Papa giunse a sentenza: lo assaggiò e disse che una bevanda similmente buona non poteva essere opera del Maligno. Potrebbe essere considerato l’antesignano degli assaggiatori e, ne siamo quasi certi, degustò un’Arabica. Per saperne di più sulla botanica e sulle caratteristiche neurofisiologiche del caffè potremmo fare ricorso agli scritti del medico Prospero Alpini (1553-1617). Per quanto il suo trattato sulle piante d’Egitto legittimasse egregiamente l’uso del caffè, questo non salvò Carlo II re d’Inghilterra (1630- 1685) dalle lamentele delle signore dell’epoca verso le coffee house che sottraevano i mariti alla vita di famiglia e ai doveri coniugali. Il monarca dovette emettere un editto (1674) con il quale dichiarò la chiusura dei pubblici esercizi incriminati, ma fu costretto a ritirarlo dopo soli 11 giorni. Decisamente favorevole al caffè fu il suo collega Luigi XIV re di Francia, il Re Sole (1638-1715). Pare l’abbia assaggiato la prima volta nel 1664 e sia stato amore a prima sniffata, tanto che lo sostenne, e da esso si fece sostenere, attraverso i dazi e il monopolio. Di fronte a tanto successo neppure la filosofia poteva rimanere indifferente e a elogiare il caffè ci pensò Voltaire (1694-1778) che pare ne bevesse una cinquantina al giorno. Con la pianta si divertì anche il famoso botanico Linneo (1707-1778) che la inserì nella famiglia delle Rubiacee denominandola, nel 1737, Coffea Arabica. La passione per la bevanda faceva proseliti tra le alte sfere, tanto che a tempo perso, il cardinale di Parigi Jean-Baptiste de Belloy-Morangle (1709-1808) inventò quella che viene considerata la prima caffettiera a filtro: ebbe una diffusione incredibile.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist (Centro Studi Assaggiatori)
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Nel 2024 il caffè attende nuove confezioni

27 Dicembre 2023

Il rispetto dell’ambiente impone nuove confezioni anche per il caffè ma, non bisogna dimenticarlo mai, se c’è una cosa che ha sempre il cliente con sé è il proprio sistema sensoriale con il quale giudica impietosamente qualsiasi evento sotto il profilo del piacere che gli dona o del dispiacere che gli procura. Osservando i prodotti che circolano sul mercato questo non parrebbe vero, ma in realtà, anche quando siamo disattenti, il nostro inconscio è sempre vigile per avvisarci nel caso la proposta possa suonare come minaccia al nostro benessere fisico. È su questa base che poggia la tesi del buono oggettivo preconizzata alcuni secoli fa e oggi sempre più confermata nelle indagini eseguite con metodi innovativi su larga scala. Il caffè non fa eccezione e se la risposta razionale al dispiacere viene generalizzata allontana il consumatore dal prodotto.

Cosa succede al caffè con il passare del tempo
Il caffè non è come il pane che appena sfornato dà il massimo di sé, il caffè appena tostato ha la necessità di ricomporsi, di liberarsi di alcune molecole che non sono foriere di piacere, quindi di un periodo di maturazione più o meno lungo (ma sempre di giorni si tratta) in funzione del tipo di caffè, del tipo di tostatura, della massa, della temperatura e della pressione.
Poi è pronto per il consumo. Si presenta ricco di anidride carbonica, che rappresenta il naturale protettore dall’ossidazione di molte sostanze aromatiche e di costituenti, come i grassi, che a contatto con l’ossigeno potrebbero originare molecole davvero poco piacevoli.
Con il passare del tempo l’anidride carbonica tende a migrare verso l’esterno trascinando altre sostanze, tra cui gli aromi. Il fenomeno è evidente anche visivamente: il caffè suda, è untuosamente lucido. Si tratta ancora dei grassi che, a contatto con l’aria, originano molecole olfattivamente attive di pessimo carattere. Compare il rancido. Ma internamente le cose non vanno meglio: con l’allontanamento dell’anidride carbonica non si ha solamente una perdita di aromi, ma anche un cambio della struttura del chicco e la formazione di perossidi che scaricheranno il loro ossigeno di troppo ancora sulle sostanze aromatiche.
Il risultato appare evidente in tazza in tutta la sua crudezza: in estrazione il caffè “non tiene”, la crema – per quanto possa essere ancora di tessitura fine – si forma in quantità inferiore, al naso è spento con evidente cambio dei profumi, in bocca si rivela di minor corpo e più amaro, lasciando al retrolfatto un giudizio impietoso.

I mezzi per mantenere giovane il caffè rispettando l’ambiente
Fortunatamente il caffè non si può truccare. Se agli umani è concesso di nascondere le rughe, il caffè non può essere aggiunto di additivi di alcun genere, quindi neppure di antiossidanti, fatto salvo gas inerti il cui funzionamento è molte volte inferiore alle attese. Inoltre, il caffè non viaggia con la catena del freddo che, rallentando la liberazione dell’anidride carbonica e riducendo i processi ossidativi, si rivelerebbe di grande utilità. Non rimane che proteggerlo attraverso confezioni opportune che evitino quantomeno l’esposizione alla luce e l’ingresso di ossigeno.
La confezione più utilizzata è il sacchetto in poliaccoppiato munito di valvola unidirezionale che consente la liberazione dell’anidride carbonica quando raggiunge una certa pressione e impedisce all’ossigeno di entrare. Il sacchetto in questione è composto da tre strati:

  • uno esterno costituito da polietilene tereftalato (in sigla Pet), materiale plastico trasparente che evidenzia una buona resistenza al calore e una pari resistenza meccanica, nonché inerzia chimica. Oltre a essere un buon isolante elettrico è impermeabile all’ossigeno e abbastanza all’umidità;
  • uno strato intermedio composto da un foglio micrometrico di alluminio (Al) che non solo impedisce il passaggio della luce, ma genera una barriera totale al passaggio di ossigeno e di acqua;
  • uno strato interno, quello a contatto con il caffè, generato da una resina sintetica prodotta attraverso la polimerizzazione dell’etilene che, fondendo, consente una perfetta sigillatura del sacchetto. È chiamata polietilene, in sigla Pe.

Mettendo insieme le tre sigle questo materiale è chiamato Pet/Al/Pe. Ottimo protettore del caffè, non lo è altrettanto nei confronti dell’ambiente proprio perché costituito da materiali di natura diversa intimamente uniti e non separabili, quindi decisamente problematici sotto il profilo ecologico.
Va da sé che oggi le torrefazioni hanno la necessità di trovare materiali che, pur proteggendo il caffè in modo da mantenerlo giovane, siano compostabili, intendendo con questo termine un materiale che posto in ambiente controllato, grazie all’azione di batteri o altri microrganismi, si decomponga in un massimo di tre mesi in almeno il 90% in acqua, anidride carbonica e biomassa. Degradandosi porterà alla formazione di compost utilizzabile in agricoltura come fertilizzante naturale. Tali sono gli imballaggi e gli altri prodotti riportanti il marchio OK Compost Industrial, garantiti come biodegradabili in un impianto di compostaggio industriale.
Ovviamente al cambio di materiale non si hanno più le stesse garanzie di tenuta offerte dagli imballi tradizionali, storicamente provate, e quindi occorre pianificare idonei test per verificare la shelf life del prodotto nella nuova confezione. Pensando all’attuale dotazione delle torrefazioni, ma anche alla finalità di garantire il piacere al cliente, il test più appropriato è offerto dalle scienze sensoriali nell’ambito di quelli innovativi ad alta utilità informativa. Questi necessitano di assaggiatori qualificati in grado di operare primariamente con descrittori oggettivi, per quanto siano poi molto apprezzate la loro esperienza nel mondo del caffè – e quindi la capacità di dare un valore edonico al prodotto – e l’attitudine a esprimere percezioni non codificate attraverso descrittori liberi.

Su L’Assaggio n.82 abbiamo riportato un metodo per valutare la tenuta dei nuovi materiali.

Luigi Odello

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International Coffee Tasting 2023: premiati i caffè migliori tra i 750 in concorso

22 Dicembre 2023

International Coffee Tasting 2023, il concorso internazionale tra caffè di IIAC – International Institute of Coffee Tasters, ha chiuso la sua quindicesima edizione con l’assegnazione delle Gold Medal. Per l’Italia hanno vinto: Lavazza, Caffè Morandini, Caffè Alberto, Torrefazione Goriziana, Granonero, Italcaffè, Torrefazione Roen, La Genovese, Artcafè.

Si è trattata dell’edizione più grande di sempre con 750 prodotti da 14 paesi, assaggiati da più di 60 assaggiatori in oltre 6 mesi di lavoro. A garantire la corretta esecuzione del concorso un team di 15 professionisti tra sensorialisti, baristi, project manager e responsabili amministrativi.

Di tutti i prodotti testati, solo meno del 25% ha ottenuto la Gold Medal, una misura che ci pone tra i concorsi più selettivi del settore food & beverage – ha commentato Carlo Odello, presidente IIAC – International Institute of Coffee Tasters – In totale abbiamo elaborato circa 120.000 dati sensoriali per arrivare a singoli profili sensoriali validati statisticamente, confermando al mercato la nostra natura di specialisti dell’analisi sensoriale”.

International Coffee Tasting è il più grande concorso tra caffè al mondo valutati secondo le più stringenti regole di analisi sensoriale. Ogni singolo prodotto viene valutato da assaggiatori formati e validati che operano alla cieca, senza sapere quindi il nome del prodotto stesso o altre informazioni relative a esso. Inoltre, la formula per il calcolo del punteggio è pubblicata e disponibile sul sito del concorso stesso.

Investiamo una quantità notevole di risorse nell’acquisizione, nell’elaborazione e nella validazione dei dati sensoriali che restituiamo poi alle aziende, con l’obiettivo di dare loro un profilo oggettivo per ogni prodotto – ha continuato Carlo Odello – La forza di International Coffee Tasting non è soltanto segnalare al mercato i prodotti vincitori tramite l’assegnazione delle Gold Medal, ma anche supportare i processi di produzione e di innovazione delle aziende che partecipano”.

I migliori prodotti premiati con Gold Medal saranno nuovamente in concorso a febbraio per l’assegnazione delle Platinum Medal 2024. Un ulteriore banco di prova che decreterà il successo di una quota ancora più ristretta di prodotti.

Tutte le informazioni sono disponibili a www.internationalcoffeetasting.com

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Iiac in piena evoluzione tra formazione e marketing

19 Dicembre 2023

Nell’anno del trentennale Iiac avvia il refresh del suo design system, aumenta l’offerta formativa e il corpo docenti e organizza il suo più grande concorso di sempre

Il 2023 sarà ricordato dall’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) come un anno decisamente importante. Innanzitutto, si è trattato del trentesimo anno di attività dell’associazione, fatto che la colloca tra le organizzazioni più longeve del settore e in una chiave molto speciale. Infatti, Iiac, seppure evolvendosi, si è mantenuto sempre fedele nei suoi tre decenni alla sua missione originaria: lo studio e la diffusione dell’analisi sensoriale applicata al caffè. Lo ha fatto peraltro sempre in osservanza a due principi fondamentali: un rigoroso approccio scientifico da un lato e una forte indipendenza dall’altro. Questo approccio ha premiato Iiac in termini di autorevolezza e di riconoscimento da parte dei professionisti del caffè.
Il 2023 è stato anche l’anno dell’inizio del rinnovamento del design system di Iiac. Il marchio storico è stato rivisitato in chiave attuale per aumentarne l’impatto e l’efficacia a livello comunicativo. Il consiglio di amministrazione ha scelto la via della continuità, in modo tale da non disperdere il valore di marca acquisito nei trent’anni di attività e al contempo dotare l’associazione di un marchio più adatto a vari usi della comunicazione attuale, prettamente legati a un mondo digitale che nel 1993 pochi avrebbero immaginato.
Ecco, quindi, che Iiac si è dotato di un marchio più dinamico, con i colori storici rafforzati nelle loro tinte e con un corpo più incisivo, pure senza rinunciare agli archi che ne hanno contraddistinto il marchio storico. Il tutto corredato dal proprio acronimo reso ancora più evidente da un carattere nuovo con una personalità ben definita.
L’anno che si chiude è stato anche il ritorno di Iiac sulla scena della formazione internazionale. Se già a novembre 2022 si erano tenuti i primi corsi post-pandemia in Corea, seguiti da quelli di dicembre in Giappone, il 2023 ha visto fin da subito Iiac protagonista in Cina. Non appena il paese asiatico ha riaperto le frontiere, i primi formatori italiani a varcarle sono stati proprio quelli di Iiac. Infatti, già a marzo è stata organizzata una serie di corsi a Shanghai, seguita da altri ad aprile, poi a luglio e ancora ad agosto. E proprio a novembre l’associazione ha lanciato il bando per la selezione dei primi docenti cinesi, avviando il processo che porterà al primo corso per docenti previsto nel primo trimestre 2024.
Anche in Italia l’azione Iiac è stata più che positiva. A proposito di docenti, dopo il primo corso del 2022 ne è stato organizzato un secondo portando così a 16 il numero dei docenti autorizzati a tenere l’iconico corso di patente per assaggiatore di caffè. Si è rafforzato così il gruppo dei professionisti di varie aziende che possono contare sulla nuova piattaforma didattica online di Iiac per svolgere i corsi. Anche grazie al generoso apporto dei nuovi docenti la formazione in Italia nel 2023 ha conosciuto la prima vera crescita dopo gli anni della pandemia. Merito pure della rinnovata collaborazione tra Iiac e Istituto Espresso Italiano (IEI), le cui aziende continuano a utilizzare la metodologia dell’associazione per la certificazione sensoriale dei propri prodotti.
L’intero anno è stato inoltre caratterizzato da quella che è stata l’edizione più grande di International Coffee Tasting, l’unico concorso internazionale tra caffè basato sull’applicazione rigorosa dell’analisi sensoriale. Questa edizione, data la numerosità dei campioni, è stata divisa in sessioni che hanno coinvolto decine di giudici sensoriali e che sono state anche un momento prezioso per gli assaggiatori Iiac per incontrarsi e confrontarsi tra loro su temi tecnici e di mercato. Ad ogni modo, a garanzia proprio delle aziende partecipanti, come da regolamento tutti i prodotti in gara sono stati serviti alla cieca in diverse serie. Per ogni singola serie si è verificata l’efficacia dei singoli assaggiatori sotto il profilo di cinque misuratori chiave della loro performance: ripetibilità, collimazione, discriminazione tra campioni, discriminazione sul panel e discriminazione storica. Questo attento controllo statistico dei dati qualifica indubbiamente Iiac come l’organizzazione più avanzata in questo ambito. Si è mantenuto il sistema di assegnazione del punteggio già in vigore dal 2022 per il quale le Golden Medal sono riservate solo ai prodotti che ottengono almeno 85 punti, ma si è introdotto un ulteriore sbarramento, per il quale le stesse medaglie sono soggette a limitazione: in una sessione le Gold Medal assegnabili sono ora pari a solo il 25% dei campioni della sessione stessa. Questo doppio filtro si è reso necessario proprio per l’aumento del numero dei campioni e per preparare una fase ancora più ambita dalle aziende: la gara per le Platinum Medal.

Luigi Odello

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