Tu chiamali, se vuoi, dettagli

di Roberto Sala

Barista. Il suo locale, il Mary’s Bar di Costa Masnaga, nel Nord Italia, fu fondato nel 1928 dai bisnonni. Cresce tra macchine, sacchi e tazzine. Quindici anni fa eccolo dietro al bancone. Dal 2001 è assaggiatore di caffè ed Espresso Italiano Specialist. Nel febbraio 2007 è eletto consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, primo barista a ricoprire questa carica.

Ogni giorno alzo e abbasso la serranda del mio bar: nella mia famiglia lo facciamo dal 1928. Sono ormai quindici anni che lavoro dietro al bancone e preparo caffè e cappuccini per chi, passando in questo mio piccolo paese del nord Italia, decide di prendersi una pausa. Oppure per chi ci vive e viene abitualmente a trovarmi perché ormai considera il mio bar un pezzo, come dire, una stanza in più, di casa sua.
Vado pazzo per questo lavoro. E mi piace farlo con estrema cura. Ogni dettaglio è importante. Per questo mi piace inagurare questo spazio parlando dell’importanza dei dettagli, che poi dettagli alla fine non sono dato che distinguono tra un bravo barista e uno meno bravo.
Prendiamo per esempio le resine dell’addolcitore. Se non si rigenerano, con il tempo il calcare danneggerà la meccanica della macchina.  Nel mio bar ho un depuratore di tipo manuale. Ne avevo uno elettronico, ma l’ho sostituito, non ero soddisfatto della resa. Lavorando con un depuratore manuale spendo almeno un’ora alla settimana per la sua manutenzione, anche perché ho notato che se non funziona a dovere il caffè risulta meno cremoso. E un espresso con una crema non degna di questo nome, che espresso è?
Stavo dicendo che i dettagli sono importanti. La campana del macinadosatore è spesso lasciata a se stessa, abbandonata ai grassi del caffè che la ricoprono a poco a poco con una patina opaca. Pulirla non è semplice perché si deve fare attenzione a rimuovere completamente il grasso ossidato, altrimenti il caffè in tazza sarà rancido. Normalmente uso acqua calda e detersivo non profumato, particolare importante perché non voglio ritrovare nell’aria degli aromi che non siano di caffè.
Ed ecco un altro dettaglio: la lancia del vapore. E’ un segnale importante nei confronti del cliente. Lo è innanzitutto a livello estetico: quanto sono fastidiose alla vista quelle tante, troppe, lance incrostate. Ma lo è anche e soprattutto a livello sensoriale: se usiamo una lancia sporca di latte usato in precedenza, come si può montare del latte per il cappuccino senza lasciare aromi spiacevoli?
Sono solo dettagli? La preparazione di un espresso è fatta di dettagli. Eccone altri in ordine sparso. Quando apro un sacco di caffè, osservo subito la forma dei chicchi e ne colgo gli aromi. Meglio lasciarlo “respirare” e non usarlo subito. Dopo un’ora circa lo posso lavorare in macchina. Controllo ovviamente la resa, assaggiandolo di persona. L’aspetto visivo può essere controllato ad ogni espresso, mentre quello gustativo, quello olfattivo e quello retrolfattivo vanno verificati durante tutto l’arco della giornata: troppe condizioni possono mutare e incidere negativamente sulla resa sensoriale dell’espresso. Sempre sotto controllo anche i parametri-base: pressione della macchina a 9 atmosfere, l’acqua deve arrivare al gruppo a 88°C,  la dose di caffè di 7 grammi che in 25 secondi mi deve dare 25 millilitri di espresso.
Alcuni potranno pensare che in fin dei conti si tratta solo di un espresso. Altri potranno trovare esagerata l’attenzione ai particolari nella preparazione di un cappuccino. Eppure è tutto lì: è l’insieme dei particolari che rende unica la tazzina per il nostro cliente. Altrimenti è solo un po’ di polvere sottoposta a una certa pressione. E arrivederci al piacere del caffè.

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5 Commenti a “Tu chiamali, se vuoi, dettagli”

  1. Maurizio Gorla scrive:

    Cortesemte è possibile sapere a quale tipo di addolcitore elettronico ci si riferisce e perchè non si è pienamenti soddisfatti delle prestazioni.
    “Sono da circa dodici anni nel campo del caffè. Ho iniziato con Lavazza Vending (macchine a capsule) poi, sono passato nel laboratorio Gaggia – Saeco di ricerca e sviluppo, nel laboratorio qualità di Ariete piccoli elettrodomestici poi, in una torrefazione come assistenza tecnica – produzione macchine professionali. Ora lavoro presso una torrefazione come tecnico commerciale e qualità”.
    Ho notato che installando un addolcitore automatico dove, la rigenerazione delle resine viene fatta automaticamente durante la notte, i casi di macchine incrostate dal calcare sono quasi scomparsi (quasi perché c’è sempre chi non ripristina il sale nella vasca-salamoia), e la qualità del caffè in tazza è sempre costante.
    Grazie
    Cordiali saluti

  2. Novella scrive:

    E bravo Roberto,
    io che ti conosco personalmente so che quello che dici fai…e mi piacerebbe che tutti lo facessero…ma purtorppo…la qualità si trova sempre meno nei bar…spesso sono in giro per lavoro e non e trovo difficile bere un buon caffè…addirittura sono arrivata al punto di entrare in un bar e chiedere un bicchiere d’acqua piuttosto che un caffè…perchè già da piccoli dettagli ma non irrilevanti ancor prima di chiedere il caffè so già cosa mi daranno e quindi evito….i tuoi dettagli sono importanti e spero vivamente che in futuro la qualità del prodotto in tazza migliori…e non solo nei bar cerificati espresso italiano ma anche negli altri…

  3. Luciano Nodari scrive:

    Sono Rapp.di Caffè e Assaggiatore,prima avendo operato sul campo poi seguendo i corsi IIAC e condivido tutte le attenzioni che Roberto pone .Seguendo i miei clienti e non, vedo di quelle cose che non vi immaginate…o chiamate per intervenire sulla macinatura…dopo aver spiegato e rispiegato…e alla fine è il caffè che non va….ma in verita sono loro che non vanno.

  4. roberto scrive:

    …e bravo Roberto. Complimenti davvero… i tuoi interventi sono una pagina da “copiaincollare”, fotocopiare a pioggia e distribuire a migliaia di copie tra le migliaia di italici baristi: quante alzate di spalle? quanti i giovani che, appunto, curiosi (?) leggeranno avidi e terranno da parte? leggendo gli interventi, almeno, ho la conferma di non essere una voce nel deserto…

    Roberto – barista triestino vecchia scuola

  5. luca ferrero scrive:

    Complimenti per le parole i dettagli di tutto ciò che succede o meglio dovrebbe succedere dietro un banco bar dall’inizio fino alla fine della giornata per 365 giorni all’anno.
    Io mi trovo ogni giorno da ormai 20 anni a fare questo lavoro e cercare di trasmettere ai miei collaboratori dipendenti che non basta sorridere e salutare il cliente fare un carico dei frighi ben fatto ecc..Bisogna essere consapevoli che abbiamo (nel caso dell’Espresso) in carico una materia prima eccellente ma di trasformazione e sta a noi non fare danni e sapere esattamente come e cosa fare. Negl’anni mi rendo sempre più conto che è una lotta disperata con pochissime soddisfazioni da parte di chi opera con me ,ma non mi arrendo così facilmente e grazie anche all’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffe del quale faccio parte,non smetto di comunicare ogni possibile miglioria e attenzione nel fare questo bellissimo lavoro ma altrettanto difficile.