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Le variabili fisiche dell’estrazione e il loro controllo – Parte 2

Permeabilità del pannello
La permeabilità del pannello deriva un insieme di fattori che la rendono molto complessa, tanto da essere praticamente impossibile determinarla a priori con un algoritmo. Se su di essa giocano un ruolo la temperatura e la pressione, di fatto sono la tipologia e la granulometria del caffè a farla da padroni. Avere un granulometro al bar potrebbe essere utile, ma questo è uno strumento troppo costoso e troppo complicato per pensare di installarlo in un pubblico esercizio. Il barista esperto utilizza il tatto, che è di ottimo aiuto soprattutto quando deve tarare il macinadosatore partendo da zero. Ma può avere un riscontro molto più oggettivo attraverso la misura indiretta di cui abbiamo parlato prima: il flusso.

Residuo secco
Il residuo secco è una misura molto importante per l’espresso in quanto fortemente discriminante rispetto alle altre preparazioni. In pratica è quanto rimane di una tazzina, valutato in peso, dopo che è stata fatta evaporare l’acqua a 103/105°C. Si indica in percentuale e in un espresso eccellente supera il 9%, raggiungendo anche l’11% in certi casi. La valutazione del residuo secco si esegue agevolmente attraverso una bilancia termica, facile da usare e di costo non proibitivo. Dal mercato vengono anche proposti diversi rifrattometri che, attraverso la misurazione dei composti polarizzanti, restituiscono il valore denominato TDS (totale solidi disciolti). Non solo è già sbagliata la denominazione perché in un espresso, bevanda polifasica dove grassi e colloidi la fanno da padroni, non si può parlare di soluzione, ma la misura risulta ingannevole con una frequenza decisamente alta, perché non evidenzia una correlazione diretta con il residuo secco e nemmeno con il corpo percepito sensorialmente.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist (Centro Studi Assaggiatori)
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Profumo di caffè

Non è che la sacralità e la profondità che diamo noi tecnici alla trattazione del caffè lo renda meno simpatico e in qualche modo riduca il livello edonico della bevanda? Ecco, Gianlidia Tonoli è riuscita a generare un’opera che rende il caffè un’esperienza di vita. Il libro è un viaggio sensoriale e autobiografico nel mondo del caffè che integra ricordi personali, tecniche e ricette innovative. L’autrice unisce la sua formazione da stylist e interior designer con il ruolo di sommelier dell’espresso, offrendo un approccio intimo e visivo fatto di fotografie evocative e composizioni curate. Si esplorano origini, coltivazione, lavorazione, differenze tra Arabica e Robusta, suggerimenti per moka, aeropress e cemex, il tutto con un linguaggio mai troppo tecnico ma comunque informativo. Il volume include 50 ricette creative che spaziano da piatti insoliti come sashimi di orata con polvere di caffè fino a dolci classici come gelato alla nocciola affogato al caffè. La lettura scorrevole mescola emozione, nutrimento culturale e valorizzazione del caffè come ingrediente versatile nella cucina quotidiana. Il tono caldo e accogliente lo rende adatto a chi cerca ispirazione più che formazione tecnica, con livelli di approfondimento tecnici moderati ma efficaci.

Autore: Gianlidia Tonoli
Editore: Guido Tommasi Editore
Formato: 19,5 x 24,5
Pagine: 211

Luigi Odello

Redatto con il contributo di AI

Le variabili fisiche dell’estrazione e il loro controllo

Sostanzialmente le variabili fisiche controllabili durante l’estrazione risultano la temperatura, la pressione e il flusso. Altre determinazioni possono essere eseguite sul caffè macinato, sulla macchina e sulla bevanda in tazza. Vediamo quelle che sono possibili per il barista, il loro significato e gli strumenti che il barista può avere a disposizione.

Temperatura
L’espresso è un caffè che si prepara a temperature basse e tendenzialmente costanti. Basse perché l’acqua che raggiunge il pannello di polvere si aggira intorno ai 90° C, costanti perché dall’inizio dell’erogazione in tempi brevissimi la temperatura si stabilizza intorno ai valori che manterrà per l’intero processo. Entrambe queste caratteristiche hanno una notevole importanza sul risultato finale, tanto che sull’argomento sono state compiute diverse osservazioni, fino a formulare l’assioma che ogni caffè dà il meglio di sé a una certa temperatura o, addirittura, a una precisa scelta di temperature diverse all’interno dei 25” di estrazione. Trattando di miscele è opinione diffusa che quelle con maggiore contenuto di Robusta richiedano una temperatura di estrazione più bassa, mentre quelle di pura Arabica necessitino di qualche grado in più. Nelle macchine con caldaia unica la temperatura è data dalla quantità di energia che si fornisce all’acqua in caldaia e, nel caso esista uno scambiatore di calore, dai meccanismi che la regolano sia nel caso del gruppo a contatto, sia nel caso della circolazione termosifonica. Decisamente più facile e precisa è la regolazione e il controllo della temperatura nelle macchine multi-boiler. In ogni caso è importante conoscere la temperatura dell’acqua che investe il pannello di caffè e, per questo, sono stati messi a punto particolari dispositivi che emulano un portafiltro, si applicano al gruppo e una volta attivata l’erogazione restituiscono sia la temperatura sia la pressione.

Flusso
Di fatto il flusso è la quantità di caffè espressa in millilitri ottenuta nell’unità di tempo. Nell’espresso un flusso normale corrisponde a circa 1 mL al secondo. Ma il flusso non è affatto costante: non solo durante la preinfusione non abbiamo fuoriuscita di liquido, ma anche durante l’erogazione abbiamo variazioni che saranno tanto più consistenti quanto maggiore sarà l’errore compiuto in macinatura. Nel caso di sovra-estrazione, per esempio, non è raro notare un flusso bassissimo nei primi secondi per poi trovarsi, in certi casi, con una crescita esponenziale per la formazione di vie preferenziali. Il flusso costituisce il miglior parametro fisico di valutazione per il barista sul risultato.

Luigi Odello

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L’estrazione

Preparare l’espresso significa estrarre il meglio di quanto contenuto in circa 50 chicchi di caffè. Per fare questo abbiamo macinato il caffè ottenendo una superficie di contatto con l’acqua di circa mille volte superiore a quello del chicco intero. Con questa polvere abbiamo poi formato un pannello di caffè, ben compresso nel filtro, pronto per ricevere acqua a circa 90°C e a 9 atmosfere di pressione. Andiamo quindi a vedere cosa succede nei 25” che ci portano in tazza 25 mL di caffè.

Le fasi dell’estrazione
Per quanto siano più o meno sovrapposte nella produzione di una tazzina di espresso, possiamo distinguere tre fasi: la preinfusione, l’infusione e l’erogazione.

Preinfusione
Per un tempo variabile tra 3 e 10 secondi, sul pannello arriva acqua in temperatura ma a pressione molto bassa: da una a tre atmosfere. Il caffè è vorace di acqua, tanto che ogni grammo ne assorbe da 2 a 2,5 mL, il che equivale a dire che per 15 grammi contenuti nel filtro avremo un consumo del nostro solvente universale di 30/37,5 millilitri. Le fibre vegetali si gonfiano, la porosità del pannello si riduce, molte sostanze cominciano a migrare dall’interno delle cellule verso il fluido. Una preinfusione accurata è il naturale completamento della cura avuta nella disposizione, livellamento e pressatura del caffè nel filtro e ha come obiettivo fondamentale l’uniformità della permeabilità del pannello. Qualsiasi via preferenziale porta infatti a una estrazione anomala, con una parte più o meno consistente di caffè che non contribuisce alla bevanda nella sua interezza e un’altra che può venire sovraestratta con conseguente sbilanciamento sensoriale.

Infusione
Inizia già ovviamente nella fase precedente e per larga parte è coincidente con l’erogazione. Nell’accezione tecnica la si fa iniziare al momento in cui la pressione è portata intorno a 9 atmosfere. Per il pannello di caffè costituisce una nuova catarsi: la compressione è elevata, una parte delle particelle più fini scivola tra le fibre impedendo un ulteriore compattamento che sarebbe deleterio per l’erogazione, un’altra passa nel liquido che si sta arricchendo di grassi, proteine, glucidi, acidi e anidride carbonica, fondamentale quest’ultima per determinare la crema così concupita nell’espresso.

Erogazione
Gli strati del pannello sono i primi a essere investiti dall’acqua sotto pressione e quindi i primi che si esauriscono cedendo via via una parte dei solidi agli strati inferiori che, in virtù di questo, cambiano ulteriormente la loro permeabilità, riducendola. Il differenziale di permeabilità tra strati dà origine a una sorta di anisotropia che determina a sua volta un differente esaurimento degli strati di caffè. Man mano che procede l’erogazione sarà sempre minore la quantità di costituenti fissi che passa nel caffè. In una erogazione normale, volendo per semplicità considerarla di 30 mL, il residuo secco nei primi 10 mL può raggiungere il 15%, nei secondi 10 si avvicina al 6%, nei terzi 10 a soli 3%. Questo dimostra che risulta inutile portare l’estrazione oltre i 30 mL. Meglio limitarsi a 25 mL, per ottenere quella bevanda polifasica e sciropposa che contiene almeno il 10% di residuo secco.

Luigi Odello

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Gli elementi costitutivi di una macchina per espresso – Parte 3

Valvole di sicurezza
Le valvole di sicurezza principali in una macchina per caffè sono due: quella di sovrappressione, posta sulla caldaia vapore, e quella unidirezionale e di espansione, che si trova in serie sul collettore idraulico che alimenta gli scambiatori di calore. La valvola di sovrappressione è indispensabile per la sicurezza in quanto sfoga l’eventuale pressione in eccesso in caldaia. La valvola unidirezionale e di espansione è una valvola che ha funzione doppia: non permette all’acqua di ritornare verso la rete e interviene nel caso si superi la pressione massima di sicurezza (di solito 12-13 atmosfere).

Elettrovalvole
Sono delle valvole a comando elettrico che hanno il compito di mantenere il corretto livello di acqua in caldaia e di permettere all’acqua contenuta negli scambiatori di calore di raggiungere il caffè quando necessario.

Riduttori di flusso
Le pompe volumetriche che normalmente si utilizzano hanno una portata che va da 50 a 200 litri ora. È chiaro che, con portate così alte, non sarebbe possibile erogare l’espresso con il flusso regolamentare (25 millilitri in 25 secondi). I riduttori di flusso moderano quindi la portata della pompa ed equilibrano la circolazione dell’acqua nei sistema a scambiatore termosifonico.

Dispositivi di controllo e regolazione
Per dispositivi di controllo si intendono i manometri per visualizzare la pressione e i termometri che restituiscono il valore di temperatura. Possono essere analogici o digitali. I dispositivi di regolazione hanno il compito di mantenere in uno stato energetico definito e costante la caldaia del vapore. Il più comune è il pressostato elettromeccanico tradizionale sempre più sostituito dal pressostato elettronico. Per gestire invece la temperatura dell’acqua di estrazione, o dei masselli del gruppo, ci sono invece i sensori di temperatura.

Luigi Odello

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Gli elementi costitutivi di una macchina per espresso – Parte 2

Gruppi erogatori
Il gruppo erogatore è il dispositivo che porta l’acqua sul pannello di caffè. Il materiale più comune con cui è costruito è l’ottone, che ha sostituito il bronzo. Altri materiali utilizzati sono l’acciaio e l’alluminio. La massa del gruppo riveste una certa importanza: nella maggior parte dei casi si aggira tra i tre e i quattro chilogrammi. La massa funziona come un accumulatore o, per meglio dire, da equilibratore termico: assorbe l’energia in eccesso prodotta dal sistema e mantiene sufficientemente costante la temperatura dell’acqua durante le erogazioni di caffè.

Pompa
La pompa, azionata da un motore elettrico, ha il compito di portare l’acqua sotto pressione (circa 9 atmosfere) sul pannello del caffè. Ne esistono di diverse tipologie:

  • pompa volumetrica a palette: è composta da un rotore con palette azionato da un motore elettrico;
  • pompa a vibrazione: il pompaggio è dato dall’oscillazione di un pistone all’interno di un cilindro, sono per lo più utilizzate pompe a bassa portata da 20-30 litri all’ora;
  • pompa a ingranaggi: la pompa a ingranaggi è formata da due ruote dentate, connesse tra loro, che ruotano in direzioni opposte all’interno del corpo pompa.

Portafiltro
Il portafiltro è il dispositivo in cui viene collocato il filtro. È formato da una coppa e da uno o due beccucci, entrambi di metallo (ottone o acciaio) e da un’impugnatura in materiale isolante. Il portafiltro deve avere una massa adeguata alla termica dell’intero sistema scambiatore-gruppo. La temperatura corretta del portafiltro è infatti essenziale per mantenere caldo il caffè durante l’uscita a circa 80°C. Il portafiltro deve inoltre permettere la corretta fuoriuscita del caffè dai beccucci.

Filtri, doccette, guarnizioni
I filtri si catalogano innanzitutto in funzione della dose: singola, doppia e tripla. I filtri sono inoltre caratterizzati dal diametro e dal passo dei fori. Il diametro dei fori attualmente ritenuto ideale per l’espresso italiano, è di 0,30 mm, ma si possono utilizzare anche filtri con forature di diametri da 0,25 mm oppure da 0,40 mm. Il passo di foratura è la distanza che intercorre tra i fori: in genere 2,00, 1,50 e 1,73 millimetri (questi ultimi due sono maggiormente idonei per l’espresso italiano). La doccetta è collocata all’uscita del gruppo erogatore ed è composta sostanzialmente da un anello d’acciaio e da una rete a trama, anch’essa d’acciaio, a tessitura stretta. La funzione della doccetta è quella di diffondere l’acqua sul pannello del caffè in modo uniforme. Le guarnizioni assicurano la tenuta idraulica durante l’erogazione dell’espresso, quando il portafiltro è agganciato al gruppo e sul pannello si scarica acqua a una pressione di circa 9 atmosfere.

Luigi Odello

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Reinventare il bar partendo dal barista

Sul finire dello scorso anno l’Istituto Espresso Italiano ha organizzato a Milano un workshop in cui sono state presentate una serie di ricerche per dare una risposta alle criticità che affliggono il mondo del caffè. Tra queste un’indagine psicografica su consumatori e baristi, realizzata da Sylla, riguardante una delle nostre bevande più amate che, in quanto tale, potendo vantare un consumo di oltre 100 milioni di tazzine al giorno, non poca importanza ha sul buon umore nazionale.
E, proprio perché di buon umore c’è più che mai bisogno, l’indagine merita una bella riflessione per generare dei piani di azione in grado di dare una spinta all’innovazione a partire dal bar che, nel nostro paese, ha un ruolo di primo piano non solo quale punto di ristoro, ma anche di relazione sociale.
Contrariamente a quanto hanno scritto in molti, non di rado palesando più il desiderio di porsi in evidenza rispetto a quello della critica costruttiva, dall’indagine emerge che il nostro caffè piace, tanto da essere valutato con un bell’8,7 (scala 1-10) e, sicuramente da registrare, il fatto che ben l’80% degli intervistati lo vuole italiano.
Potremmo quindi essere soddisfatti, ma ci sono margini di miglioramento per il bar che vale la pena di sfruttare.

Chi desidera leggere l’intero articolo scritto da Luigi Odello sul numero 89 della rivista L’Assaggio può registrarsi gratuitamente al seguente link.

La macchina per espresso

La macchina per espresso è un’attrezzatura progettata per portare l’acqua alla giusta temperatura distribuendola su un pannello di caffè a una pressione adeguata secondo un flusso determinato. Sostanzialmente le macchine per espresso si classificano in funzione del sistema termico adottato:

  • macchine senza scambiatore, come la macchina a leva;
  • macchine con scambiatore, che comprendono sia quelle con il gruppo a contatto sia quelle a circolazione termosifonica;
  • macchine multi-boiler (o a caldaie indipendenti).

Gli elementi costitutivi di una macchina per espresso
Di seguito passiamo in rassegna gli elementi fondamentali di una macchina per espresso.

Caldaia
Nelle macchine classiche, ancora le più diffuse, la caldaia è un recipiente, in rame o in acciaio, che contiene acqua, vapore (che occupa il 30-40% del volume) ed eventualmente lo scambiatore di calore. L’energia trasferita all’interno della caldaia serve per mantenere gli scambiatori e i gruppi erogatori in uno stato energetico adeguato. In caldaia abbiamo quindi una pressione variabile tra 1 (corrispondente a 120°C dell’acqua) e 2 atmosfere.

Scambiatori di calore
Gli scambiatori di calore sono indispensabili in un sistema a erogazione continua a circa 9 atmosfere di pressione. Essi si dividono in 3 categorie principali: a circolazione termosifonica, a contatto e a caldaie indipendenti. Nella macchina a leva di norma lo scambiatore non è utilizzato. Lo scambiatore di calore a circolazione termosifonica è collegato idraulicamente al gruppo erogatore attraverso due tubi solitamente in rame. Viene sfruttata la circolazione naturale dell’acqua generata dalla differenza di temperatura tra due tubi che collegano lo scambiatore di calore al gruppo. Questa differenza di temperatura è causata dalla cessione di energia al gruppo per mantenerlo in temperatura. Lo scambiatore di calore a contatto (o estraibile) è inserito nella caldaia frontalmente. Il gruppo erogatore è collegato direttamente alla caldaia tramite un’apposita flangia. Lo scambiatore di calore è immerso per una certa percentuale nell’acqua della caldaia, la parte rimanente è invece nel vapore. Il rapporto tra queste due percentuali è molto importante per il corretto equilibrio termico. Durante l’erogazione di un espresso l’acqua fredda, alla pressione di 8-9 atmosfere, viene iniettata all’interno dello scambiatore tramite un tubo di varia lunghezza, da lì convogliata al gruppo erogatore e utilizzata per erogare l’espresso. Un’opportuna miscelazione tra l’acqua fredda d’iniezione e quella calda dello scambiatore genera la risultante corretta per l’estrazione del caffè.

Caldaie indipendenti
È un sistema moderno che permette una notevole libertà d’impostazione delle temperature e di stabilità termica in quanto l’acqua per erogare il caffè non proviene da uno scambiatore interno alla classica caldaia, ma da un recipiente esterno, mantenuto in temperatura in modo autonomo. Ciò permette di impostare valori di temperatura diversi dalla caldaia vapore e tra i diversi gruppi. Con questo sistema c’è considerevole risparmio energetico in quanto, essendo tutte le sezioni indipendenti e controllate separatamente, l’erogazione dell’energia è mirata al singolo elemento riscaldante. L’acqua immessa nel boiler può essere preriscaldata oppure provenire direttamente dalla rete e la termoregolazione dell’acqua utilizzata per l’erogazione del caffè deve essere molto efficiente, tale da mantenere la termica sempre pronta e reattiva alle richieste d’acqua, per quanto possano essere diverse da momento a momento.

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La pressatura del caffè nel filtro

La pressatura è un aspetto fondamentale: una pressatura eccessiva aumenta i tempi d’estrazione con gli effetti descritti. Una pressatura blanda provoca effetti opposti. La pressatura corretta è quella che consente di erogare l’espresso nel tempo e nel volume regolamentare (25” per 25 mL). Un aspetto importante della pressatura è l’omogeneità della compressione che si compie sul pannello, il che significa che la forza esercitata deve essere la stessa su ogni punto della superficie. La pressatura deve essere preceduta dal livellamento del caffè nel filtro e il pressino dovrebbe essere leggermente concavo, di modo che il pannello venga compresso di più in prossimità della circonferenza. L’aumento della resistenza specifica in questa zona limita infatti la via di fuga del fluido lungo il profilo d’acciaio del filtro.

Luigi Odello

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Uso e manutenzione del macinadosatore

Il macinadosatore ha un’importanza fondamentale nella corretta estrazione e quindi nella determinazione della qualità in tazza. Al di là di quanto già illustrato per la regolazione della macinatura tramite la regolazione della distanza tra le macine, vi sono alcune accortezze da adoperare nell’uso dello strumento. Per quanto riguarda l’accumulo eccessivo di caffè macinato, questo è evitato dall’uso di macinadosatori on demand. Nel caso dei volumetrici è il barista che deve stare attento ad accumulare nel dosatore la minore quantità possibile di caffè, specialmente prima della chiusura del locale e soprattutto la sera precedente il giorno di chiusura settimanale. Il caffè macinato, che rimane per più di mezz’ora nel dosatore, perde anidride carbonica, aromi e irrancidisce (si calcola che il fenomeno sia 50 volte più veloce rispetto al caffè in grani). Inoltre, è necessario versare la quantità di caffè nella campana in funzione dell’effettivo bisogno. Il caffè che rimane a lungo nella campana si deteriora, si ossida e contamina la campana. Infine, è rilevante monitorare l’ambiente di lavoro, considerando le condizioni climatiche sia all’interno e sia all’esterno del locale, il tipo di miscela, le caratteristiche della macchina, la quantità di caffè per dose e lo stato di usura delle macine. Tra tutte queste variabili, la più importante è sicuramente quella legata alle condizioni atmosferiche. Il caffè, specie se macinato, per sua natura assorbe velocemente l’umidità dell’aria (fenomeno chiamato igroscopia), questa rallenta il passaggio dell’acqua e quindi aumenta i tempi di estrazione con conseguente sovraestrazione. Per contro il caffè in un ambiente troppo secco, rende l’estrazione troppo veloce. Le macine sono soggette a usura: una macina piana da 63 mm, se utilizzata correttamente, può macinare con ottima resa circa 400 kg, una macina piana da 83 mm, può arrivare a 600 kg, una conica a 1.200 kg. Le macine usurate si sostituiscono prestando attenzione:

  • a pulire per bene tutta la zona e con molto scrupolo le sedi delle macine;
  • che siano perfettamente parallele per evitare un macinato irregolare;
  • che le macine nuove siano uguali a quelle sostituite, sia come senso di rotazione, sia come tipo di taglio.

La campana va lavata ogni giorno con una spugna imbevuta d’acqua calda e detergente non profumato, e quindi asciugata, per evitare che i grassi del caffè che l’hanno contaminata irrancidiscano. Il dosatore, se presente, va pulito quotidianamente per evitare lo stesso problema. Per svolgere questa operazione si usano normalmente degli spazzolini con setole non troppo morbide al fine di creare un’azione meccanica sufficiente a rimuovere il caffè residuo negli interstizi della stella dosatrice e sulle pareti della camera d’uscita.

Luigi Odello

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