Caffè italiano in Asia: buone potenzialità commerciali, ma con politiche differenziate

L’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) organizza tra fine agosto e metà settembre otto nuovi corsi di formazione sull’espresso italiano in Giappone, Corea e Cina. Un’occasione anche per riflettere sul futuro del nostro caffè in Asia.

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L’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac) continua nella sua opera di diffusione della cultura del caffè italiano in Asia. Tra fine agosto e metà settembre terrà infatti otto corsi di assaggio in Giappone, Corea e Cina. I corsi, alcuni di livello base e altri avanzato, saranno organizzati a Tokyo, Osaka, Seoul e Shanghai con la collaborazione dei partner locali.

“L’Asia è certamente l’area del mondo in cui il bere caffè si sta diffondendo con maggiore rapidità e in questa cultura c’è naturalmente spazio per l’espresso italiano – commenta Luigi Odello, presidente Iiac – Ci sono quindi potenzialità interessanti per il nostro prodotto, ma la chiave essenzialmente è nell’approcciare in modo differenziato i mercati”.

Strategie diverse quindi per mercati diversi. Il Giappone è probabilmente il paese più maturo per quanto riguarda la conoscenza del caffè italiano. Quello nipponico è in generale un mercato evoluto che ha dalla sua il grande amore dei giapponesi per il made in Italy. Ad ogni modo gli spazi liberi sono minori e per questo motivo è necessaria un forte investimento in promozione. Differente la situazione della Corea, dove il caffè ha vissuto un boom importante con una crescita impetuosa negli ultimi tre anni: un clima di grande euforia che va a maggior ragione va gestito con partner commerciali di provata affidabilità.

“Per quanto riguarda la Cina, c’è una certa confusione al riguardo – continua Odello – Da molti vista come la terra promessa, non si può considerarla nella sua totalità, ma per singole città”. E’ necessario davvero avere un partner di provata fiducia che voglia investire molto e costantemente nel prodotto. La Cina si qualifica in generale come un mercato nuovo e frenetico e quindi con un rischio più elevato.

Al di là dei paesi citati, c’è fermento per il caffè anche in altre aree dell’Asia. Basti pensare al Vietnam, in cui Iiac ha iniziato a operare recentemente, o all’Indonesia, alla Malesia e a Singapore, per non parlare di Hong Kong (e non solo). C’è però da considerare che in Asia il caffè, generalmente, parla ancora poco italiano. C’è infatti quello delle grandi catene sia globali che locali, che hanno una forza commerciale notevole, e quello della nicchia dei bar indipendenti, legati a tradizioni diverse, molti all’idea di specialty coffee anglosassone.

“C’è da considerare un’ulteriore insidia, più o meno presente nell’area, e si tratta dei caffè italiani di bassa qualità – conclude Odello – E’ un made in Italy di bassa fattura e di scarso livello che si ritrova in alcuni paesi e purtroppo non aiuta certo i prodotti italiani di alta qualità nella loro ricerca di spazi sul mercato”.

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