Miscela o monorigini per il caffè? La ricerca e i primi commenti dei torrefattori

di Carlo Odello

Miscela o monorigini nel futuro del caffè? Vale a dire: i consumatori percepiscono la differenza o un mercato di monorigini non potrà mai esistere? Un interrogativo interessante che coinvolge l’intera filiera, dalla produzione alla torrefazione e all’HoReCa. Una domanda alla quale ha cercato di dare una prima risposta scientifica una ricerca pilota svolta recentemente dal Centro Studi Assaggiatori in collaborazione con l’Università di Padova.

Sono stati 350 assaggi gli assaggi svolti nella città veneta, secondo la metodologia dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, per verificare se i consumatori percepiscono la differenza tra miscela e monorigini. Sul banco di prova una miscela di pura Arabica a sette componenti e quattro caffè di origine in purezza (San Domingo Barahona Toral AA, Etiopia Sidamo, Colombia Armenia Supremo e Haiti XXXXX). Il gruppo che ha eseguito il test era quasi equamente distribuito tra uomini e donne e nelle fasce di età dai 18 ai 64 anni, per i due terzi diplomato o laureato con posizione sociale di lavoratore in proprio (23%) impiegato (21%), studente (15%), pensionato (14%), operaio (11%), casalinga (8%) e varie altre. I consumatori-giudici hanno saputo discriminare la miscela rispetto alle monorigini in modo statisticamente significativo, preferendola alle monorigini. Hanno però dimostrato un notevole interesse verso i caffè “puri”.

L’indagine evidenzia una notevole evoluzione del consumatore di caffè, sempre più infedele e parallelamente attento al gusto, tanto da lasciare presumere un notevole successo in consumi innovativi: la carta del caffè al ristorante, nuove nicchie nel settore bar, la selezione delle tipologie in funzione del proprio piacere sensoriale e delle ore del giorno e persino nuovi riti in famiglia.

Fin qui la ricerca. Coffee Taster ha interpellato i torrefattori per un commento, chi è tutti i giorni sul mercato e può raccontare l’esperienza commerciale delle monorigini. Da oggi iniziamo a pubblicare le opinioni giunte in redazione. Il dibattito è intenso e, come i lettori potranno constatare anche nei prossimi giorni, le esperienze di mercato con i monorigine sono contrastanti.

Iniziamo la carrellata di opinioni con quella di Niels Migliorini, marketing manager di Moka Sir’s. Nei prossimi giorni altri commenti. Chi desidera commentare subito, può farlo scrivendo a news@coffeetasters.org, cliccando qui o con il modulo in fondo all’articolo.

Il contributo che posso apportare riguarda la nostra giovane esperienza con le monorigini in cialda per i ristoranti, offerte con un’apposita carta dei caffè che orienta il consumatore alla scelta del gusto. Ci si può fare un’idea dei prodotti visitando il nostro sito in questa parte del nostro sito.
Il ristorante viene dotato di cialda con la miscela classica e una selezione di tre Arabici (colombia Supremo, Etiopia Sidamo, e Brasile Santos Miscela) e un buon Robusta indiano (Kappi Royale) monorigine. Le vendite ci stanno indicando che tra i quattro prodotti il cliente propende per l’Etiopico, tuttavia, in comparazione con la miscela tradizionale, la percentuale di caffè monorigine consumata è veramente infima.
Bisogna tuttavia considerare che l’argomento è decisamente innovativo per il target di clienti. Inoltre i venditori non sono particolarmente stimolati a vendere i prodotti gourmet perché rappresentano, in termini di provvigioni, un fatturato basso. Ciononostante riteniamo che la strada sia corretta e concordo nel percepire una sempre crescente attenzione del consumatore verso i gusti “puri”. Certo è che questi gusti, che sono senz’altro speciali, vanno illustrati a dovere sia al ristoratore che al consumatore. Credo anche che arriveremo presto a proporre le monorigini anche ai bar, anche se non saprei al momento specificare se avverrà tramite caffè in grani o cialde/capsule. Stiamo già facendo alcuni esperimenti in tal senso con clienti all’estero.

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6 Commenti a “Miscela o monorigini per il caffè? La ricerca e i primi commenti dei torrefattori”

  1. Giuseppe Arena scrive:

    Gentili signori,

    riteniamo le vostre informazioni molto interessanti e costruttive, congratulazioni alla redazione. I caffè monorigine che stanno proponendo non avranno futuro, comunque se il mercato futuro sarà quello, finiscono tutti i segreti delle miscele dei torrefattori e quindi le tradizioni e i vari gusti dell’espresso italiano, in poche parole, quello del caffè diventa un mondo piatto, noioso di fotocopie di caffè monorigine. E a nostro parere molti torrefattori scompariranno da questo mercato misterioso e affascinante del caffè.

    Giuseppe arena
    Kili caffe’ s.r.l.

  2. Vadim Kabanov scrive:

    Gentili signori,
    avete toccato un tema molto interessante. non essendo italiano, ma comunque legato con l’Italia per via dei caffe’ che distribuisco nel mercato russo, posso concludere che l’argomento deve essere esaminato su molti livelli partendo dalle tradizioni socioculturali delle varie nazioni per finire con l’autoidentificazione personale dell’individuo.
    Per quanto mi ringuarda non vedo un grosso conflitto tra l’uso di miscele o di monorigini. E’ un po’ come la questione di scelta tra gli whisky blended and single malt. Pero’ e’ importante per coloro che servono tali prodotti saperli preparare in modo giusto. A mio parere preparare i monorigini con macchina espresso vuol dire portare alla rovina un caffe’ delicato, in quanto l’arabica puro (non rafforzato) riesce a stento a sopravvivere a pressioni di 9 bar. Pero’ se e’ fatto in french-press o con metodo turco riesce a volte molto delizioso. Invece le miscele preparte con metodi summenzionati sono in gran parte mediocri.
    Comunque il monorigine e’ soltanto un termine. Ci sono tantissime snellezze. Occorre ditinguere, ad esempio, tra un “estate” coffee raccolto in una piantagione controllata e un qualunque mix di monorigini di incerta qualita’. Puo’ variare molto anche la qualita’ del crivello. C’e’ da considerare la freschezza del raccolto. Come e’ stato tostato il caffe’. Ma tante, tante altre cose.

    Mi sembra non e’ completamente giusto fare assaggi di vari tipi di caffe’ con caratteristiche particolari e inconfondibili usando le stesse tarature della macchina per tutti. Naturalmente in tale caso di sicuro uno dei caffe’ verra’ fuori meglio degli altri.

    Esiste anche un aspetto molto privato. Assagiando un caffe’ di monorigine vivi un’esperienza di esploratore di realta’ sconosciute come se visitassi un Paese particolare e facessi conoscenza della sua cultura. Invece la miscela e’ un prodotto puramente commerciale senza’ connotazioni molto individuali. Anzi i tostatori a volte esagerano nel salvaguardare i segreti della composizione… Di conseguenza bevi un prodotto anonimo che e’ per me un po’ orfano.

    C’e’ da prendere in considerazione anche l’aspetto delle abitudini socioculturali. In tante nazioni il caffe’ non e’ consumato cosi’ come in Italia. Questo, pero’, non significa che esso e’ necessariamente peggio.

    Se prepari un caffe’ americato con miscela ad alto contenuto di robusta, ottieni una schifezza a non parlare. La stessa cosa’ riguarda il caffe’ turco.

    Sono sicuro che il mondo di consumo sta vivendo la rivoluzione dei gusti e noi siamo testimoni di penetrazione rciproca delle culture. L’espresso e’ arrivato la’ dove non era conosciuto neanche 10 anni fa, e viceversa in Europa sta crescendo l’interesse verso i caffe’ con carattere e biografia.
    C’e’ di sicuro un ottimo futuro sia per le miscele che per i monorigini.

    L’ultima testimonianza di tale interscambio gastronomico e’ la crescita dell’offerta in Italia di miscele di pura arabica tostate in maniera piu’ leggera. E’ successo perche gli importatori di caffe’ di tostatura italiana dai Paesi dell’Europa del Nord, dagli USA volendo sposare i gusti locali con quelli italiani hanno sempre insistito sulla presenza nella gamma dei prodotti di caffe’ a base di arabici. Col tempo questo tipo di miscele fatte appositamente per l’export ha influenzato in controcorrente le abitudini di consumo nella Patria dell’Espresso.

    Distinti saluti,
    Kabanov Vadim
    5M Ltd, Mosca, Russia

  3. Carlo Grenci scrive:

    Per sintetizzare il mio pensiero sul futuro dei mono origine dirò che mi aspetto per esso un’evoluzione in molti aspetti simile a quella che si è andata realizzando per i vini.
    Non mi sognerei mai di considerare come destinata all’obsolescenza la meravigliosa arte di creare miscele; saper bilanciare in un’armonia generale le diverse caratteristiche dei componenti per ottenere un risultato superiore alla loro somma è un’attività che dà grande soddisfazione.
    Certo che, una volta che i bevitori di caffè avranno imparato a riconoscere la qualità dei singoli componenti, sarà più difficile infinocchiarli con un prodotto mediocre e si creerà spazio per una consapevolezza e capacità di riconoscere ed apprezzare le miscele di buona qualità, spalancando nuove opportunità anche dal punto di vista commerciale.
    Presto venga quel tempo….!

    Oggi tutti i torrefattori tendono a tenere segreta la composizione delle proprie miscele anche ( e forse a maggior ragione..) se queste sono delle autentiche porcherie.
    Sarebbe bello, un domani, confrontarsi invece a carte scoperte, facendo valere soltanto la conoscenza, l’esperienza, l’approfondimento delle innumerevoli occasioni di stupore o estasi sensoriale che centinaia di mono origine o single estate coffees (caffè provenienti da una specifica piantagione od azienda agricola) possono offrire.
    Esiste, ne sono certissimo, un fortissimo interesse per il mondo del caffè, ignoto ai più.
    Ogni volta che incomincio a parlare di caffè in modo un poco più approfondito partono dagli interlocutori domande incalzanti che rivelano l’esistenza di un vivissimo interesse strappato dallo stato di latenza in cui si trovava.
    Quanto alle cialde e ai mono-origine…. ritengo, con tutto il rispetto per il successo commerciale della cialda, che degustare mono-origine in cialda sia un pò come ascoltare musica ad alta fedeltà indossando un casco da motociclista; se vuoi degustare qualcosa di raffinato perchè interponi un filtro?
    Va bene farlo così, tanto per avere un’idea…. ma la degustazione è tutt’altra cosa.

    Nemmeno quella di degustare i caffè estratti all’ Espresso mi sembra una grande idea: tazza troppo concentrata, esperienza troppo breve…. il piacere chiede tempo ……

    Meglio, molto meglio secondo me, utilizzare una bella napoletana (come faceva mio nonno), con la quale il caffè cattivo non si può bere ed invece un buon prodotto si apprezza lentamente, sorso dopo sorso, e resta buono anche quando si raffredda.

  4. marco morando scrive:

    In appoggio al mio amico Carlo Grenci, confermo e sottoscrivo
    tutto cio’ che scrive. Derivando io da una famiglia di caffettieri da diverse generazioni , e avendo io lavorato nel mercato del caffé per anni , ritengo che le osservazioni di Carlo siano assolutamente veritiere . Anche la napoletana resta il metodo piu affascinante per degustare questo nettare assolutamente unico e che rappresenta cosí bene la cultura italiana …
    marco morando

  5. Antonio scrive:

    Credo che i Caffe Monorigini….trovino difficolta..propio sul Finale..quando dal Macina caffe passa in Macchina….la “Miscela” serve propio ad equilibrare..tutto
    Poi: de gustibus non est disputandum”..il gusto e’ molto personale..
    Suppongo che il monorigine..puo’ affiancare in una Caffetteria per offrire un nuovo “gusto”..ma il problema e ‘trovarne uno che accontenti tutti..quindi bisognerebbe avere nel propio locale tutti o quasi i monorigini e comunque avere una Clientela Vip.Una cosa e’ commercializzare tale prodotto a Via Napoleone a Milano e una Cosa a Piazza Plebiscito a Napoli..dove comunque l’ Utenza…”Cittadina”..di Lavoratori…Questi Caffe’..troveranno strada nei Ristoranti dove poter offrire una Carta dei Caffe’.Sarebbe bello(nella degustazione fatta) conoscere se per ogni monorigine c’e bisogno di un punto di macina diverso(suppongo di si) e di una conservazione diversa per ogni monorigine?Ho un BAr dal 1934 in Campania…mio nonno faceva il Caffe con una Macchina a Carboni e avevamo il Tostatore per il Caffe..
    E’ un mondo che mi e’ sempre affascinato..ma ormai e’ piatto..la differenza tra caffe(per chi ne capisce)..ormai secondo me’ e cosi’ impercettibbile..che uno vale un altro..forse i monorigini..potranno fare la differenza in Italia se si affiancano al “Palato Regionale”…Infine i Costi…Importare il prodotto finito..che costi ha sul Cliente?
    Il caffe’ essendo un prodotto venduto ogni 5 minuti…e sempr edi fretta…e’ dura che ci si fermi per piu’ di 2 minuti per assaporarlo…Spero in questo monorigine sol oper distingure un attivita’ da un altra..e n nessere piatto…ben vengono

  6. Macchina Caffè scrive:

    Buonasera e grazie per aver scritto questo articolo molto interessante. Anche se sono passati diversi anni dalla sua pubblicazione, lo trovo comunque attuale. In questi ultimi anni, sta prendendo molto più piede il mondo dello “Speciality Coffee”, proprio grazie alla diffusione dei caffè monorigine e ad una clientela che è sempre più affascinata dai gusti unici e raffinati. Ad oggi, esistono anche diversi modi per estrarre il caffè, alcuni anche innovativi, come il moderno “AeroPress”. Tuttavia, resto dell’idea che una buona miscela di caffè, sia l’ideale per mantenere un’adeguata varietà di gusti alla clientela. Grazie alle miscele inoltre, i torrefattori più bravi sono riusciti nel corso degli anni ad ottenere dei caffè dal gusto così raffinato, da rasentare quasi la perfezione.