Perché il dolce è il sapore del piacere?

Se l’olfatto rappresenta un primo punto di controllo per verificare la salubrità dei cibi che stiamo per ingerire sulla base di informazioni accumulate nel corso di esperienze precedenti, il cavo orale può essere rappresentato come un laboratorio chimico altamente specializzato per la valutazione non solo della composizione degli alimenti che, superato lo sbarramento olfattivo, stiamo per ingerire, ma anche del loro potere nutrizionale.
Tra i gusti principali, se il gusto amaro mette in allerta i nostri sensi scatenando diffidenza per ridurre il rischio di ingerire sostanze tossiche o nocive, il gusto dolce, al contrario, viene associato alla presenza di zuccheri semplici che sono fonti energetiche facilmente assimilabili e quindi necessarie per la nostra sopravvivenza. Di conseguenza, non solo nel corso dell’evoluzione non si sono sviluppati meccanismi di difesa strutturati contro i cibi dolci, ma, al contrario, nell’ottica della conservazione della specie, l’assunzione di zuccheri semplici è fisiologicamente collegata alla produzione di ormoni del benessere costituendo una sorta di droga naturale che induce i singoli individui a cercare cibi dolci e/o ad alto potenziale calorico, che diventano “comfort foods” per antonomasia.
Le scelte alimentari rispetto al dolce e all’amaro sembrano già definite a partire dalla ventiquattresima settimana di gestazione quando la quantità di liquido amniotico ingerito quotidianamente dal feto raddoppia in presenza di molecole dolci, mentre la deglutizione viene interrotta a seguito dell’introduzione di molecole amare. Da sottolineare come il diverso comportamento del feto è accompagnato da espressioni di piacere nel primo caso e di disgusto nel secondo.

Francesca Venturi

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