Spagna: per la crescita del caffè necessari formazione e cultura

di Carlo Odello

Con Emilio Baqué Delás parliamo del mercato spagnolo del caffè. Baqué è uno dei più profondi conoscitori di questa realtà. Infatti, oltre a essere vicepresidente dell’Associazione Spagnola dei Torrefattori di Caffè, è amministratore delegato del Grupo Café Dromedario – Cafés La Brasileña (circa 24 milioni di euro di fatturato e 3000 tonnellate di caffè torrefatto l’anno). E’ inoltre presidente della Comercial de Materia Primas, il secondo importatore di caffè verde in Spagna, proprietà di 13 torrefattori del paese.

Ci descrive il mercato spagnolo del caffè?
In Spagna operano circa 250-300 torreffattori di caffè dei quali 130 sono riuniti nell’Associazione Spagnola dei Torreffattori di Caffè e nella Federazione Spagnola del Caffè. Nell’ultimo decennio il processo di concentrazione delle imprese ha subito un’accelerazione e proseguirà negli anni a venire. Il numero delle imprese caleranno significativamente per tanti motivi: la conduzione familiare di molte con i relativi problemi di successione, le crescenti difficoltà a livello operativo commerciale (macchine da caffè, finanziamenti ai pubblici esercizi e così via), la ricerca di volume da parte di alcune imprese, la mancanza di professionalità di altre.
Se vogliamo identificare i marchi più importanti dobbiamo distinguere tra quelli che operano nel mercato casa e nell’horeca e quelli che operano solamente nell’horeca. Il mercato casa è in mano a tre multinazionali – Nestlé, Kraft e Sara Lee – e ad alcuni marchi della grande distribuzione come Carrefour, Mercadona, Eroski e altri. Le multinazionali e la grande distribuzione detengono il 90% del mercato, poi ci sono una serie di torrefattori che operano a livello regionale, ma non più di una trentina. Questi torreffattori, insieme a molti altri, operano però anche sul mercato horeca dove nessuna marca raggiunge comunque una quota superiore al 10% sul mercato. Nell’horeca funziona infatti la marca regionale o locale.

Cosa ci dice dei consumatori?
Il consumatore spagnolo non ha una grande cultura di caffè. Non è comunque colpa sua: è il settore caffeicolo spagnolo in generale, dai torrefattori ai costruttori di macchine, che non hai mai avuto una cultura di prodotto. La spiegazione di questa mancanza di conoscenza è da ricercarsi nella storia del caffè nel nostro paese. Fino al 1977 vigeva un forte controllo nel commercio del caffè da parte dello Stato. Era quest’ultimo infatti che importava il caffè verde, fissava il prezzo di vendita ai torrefattori e il prezzo del tostato di cui esistevano solamente tre categorie: Superior, Corriente, Popular. Il criterio utilizzato dallo Stato aveva più a che fare con i volumi e il prezzo da praticare al consumo finale che con la qualità. Il torrefattore essenzialmente tostava ciò che riceveva dallo Stato e non aveva alcun accesso al meraviglioso mondo delle specie, delle origini e delle miscele.
Dopo la liberalizzazione alla fine degli anni Settanta il cambiamento è stato difficile e lento: i torrefattori hanno imparato a poco a poco grazie al cambio generazionale nelle imprese, alcuni di loro hanno iniziato a investire sulla formazione degli esercenti e dei consumatori più in generale, è apparso il fenomeno dei coffee shops.
Ancora oggi comunque molti consumatori considerano il caffè un semplice alimento e credono che tutto il caffè venga dalla Colombia sul dorso del mulo di Juan Valdés. Questi sono i consumatori del caffè con latte servito nel bicchiere di cristallo, sono quelli che difendono il torrefacto, il caffè tostato con l’aggiunta di zucchero, questi sono i consumatori ancora legati a vecchi luoghi comuni. Insomma, sono quelli del passato.
Ad ogni modo è sempre più presente il consumatore che sa e vuole scegliere, che cerca un’origine definita o una miscela di caffè a maggioranza Arabica, che abbandona il torrefacto per caffè tostati naturalmente, cioè semplicemente cotti senza aggiungere zucchero. E’ il consumatore del futuro. C’è però ancora molta strada da fare.

Parliamo dei baristi: qual è il loro livello di professionalità?
In Spagna c’è stata un’epoca in cui la persona con maggiore esperienza in un locale esercitava la funzione di barista. Era lui l’incaricato alla macchina del caffè, suo il compito di fare la manutenzione e di prestarle le cure necessarie. Ma tutto ciò ormai è storia di decenni fa. Negli anni della profonda crisi economica molti hanno cercato rifugio nell’horeca e il livello medio della professionalità del barista è sceso significativamente. Per fortuna il lavoro delle scuole alberghiere negli ultimi anni è riuscito a recuperare un po’ questo deficit. Il livello di professionalità migliora nella misura in cui i torrefattori collaborano con l’attività di formazione di queste scuole.
Il nuovo problema dell’horeca spagnolo è che oggi il paese gode di un livello di vita che mai aveva conosciuto e i lavoratori dell’horeca tendono a uscirne per andare in settori più confortevoli. Per questo è sempre maggiore la quota di lavoratori immigrati con scarsa formazione e un forte turn-over. E curiosamente questo succede in un momento in cui il Forum Cultural del Café, un’organizzazione senza fini di lucro nata per promuovere la cultura del caffè in Spagna, e i torrefattori associati stanno intensificando i campionati tra baristi, i corsi per questi ultimi e gli eventi loro dedicati. Da notare che gli ultimi due vincitori del campionato baristi organizzato dal Forum Cultural del Café sono uno di origine peruviana e l’altro marocchino: questo dimostra come lavorare sulla formazione dei baristi, sebbene difficile, dia risultati.

In conclusione: a suo avviso qual è il futuro del mercato in Spagna?
La Spagna è un paese che ha da fare ancora un lungo cammino per migliorare la sua tazzina di caffè. Questo è uno sforzo che il settore deve affrontare nei prossimi anni. Il consumo medio di caffè nel nostro paese è di 4 chili di verde per abitante l’anno e questo dato ci pone come fanalino di coda nel contesto europeo. Se continuiamo a lavorare sull’educazione del consumatore, se continuiamo a promuovere la cultura del barista nell’horeca, se continuiamo a prenderci cura dell’offerta del prodotto al consumatore – con più coffee shops, più negozi specializzati, una maggiore gamma di prodotto – se saremo costanti in questo lavoro e non cercheremo un beneficio a breve, potremo portare questo mercato a cifre più importanti. Questo è lo stimolo per chi fa il mio lavoro.

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1 Commento a “Spagna: per la crescita del caffè necessari formazione e cultura”

  1. chechimadrid scrive:

    un articolo interessante, in bocca al lupO!