Caffè e Barolo libre

di Luigi Odello

Presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e del Centro Studi Assaggiatori, segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano. 

 Un giorno un produttore di Barolo volle visitare un grande cliente, perché non riusciva a capire come un locale notturno potesse consumare un paio di casse la settimana del celebre vino. Vero è che non prendeva i cru e nemmeno le annate famose, ma comunque il consumo era consistente. Così, da solo e in incognito, si avventurò in quell’ambito a lui così poco noto. Era dai tempi della scuola che non metteva più piede in un locale di quel tipo. Ne uscì dopo neppure mezz’ora, barcollando senza avere bevuto. Costeggiava il fiume che c’era lì vicino con decisi intenti suicidi, ai quali rinunciò solo perchè non aveva avuto modo di scrivere un commiato ai suoi famigliari. Il motivo di tanta disperazione era dovuto al fatto di avere constatato con i propri occhi che il suo Barolo finiva con la cola per long drink che venivano venduti come Barolo libre, versione light del celebre cocktail, e tracannati senza neppure chiedersi di chi fosse il vino.

Ma era un produttore di Barolo. Se fosse stato un torrefattore probabilmente si sarebbe complimentato con il gestore del locale e lo avrebbe invitato gratuitamente a frequentare l’ultimo corso di caffetteria della propria scuola aziendale. Questo nuovo percorso formativo si chiama “mischia mischia”. Lo sa anche il torrefattore, il nome è sbagliato, perchè qualcuno l’ha inteso male e ora taglia il suo caffè con quello comprato a 3,99 euro al supermercato. Ma sta diventando un successo, i baristi lo amano: in mezza giornata imparano a incorporare un espresso in 173 ingredienti diversi. Soprattutto vanno via con una certezza: quello che conta per il successo è la fantasia. Con questa dote e qualche ingrediente non è più importante sapere tarare il macinadosatore, né guardare che in tazza ci siano 25 millilitri, né imparare a valutare i 130 parametri che riporta l’ultima mappa sensoriale dell’espresso. Un po’ è contento anche il torrefattore, che non ha più contestazioni se il caffè viene bene o meno. Tutti soldi di assistenza risparmiati.

E’ a questo che dobbiamo preparaci in Italia? Pare di sì. Il “liceo del caffè”, dove si impara attraverso i propri organi di senso a riconoscere le buone caratteristiche di una miscela, a gestire correttamente un macinadosatore e una macchina si può tranquillamente saltare. Si passa subito ai corsi superiori.

Se digitate su un browser “scuole di caffè” Google vi restituisce circa tre milioni di risultati, tanti sono i corsi. Quasi tutti uguali, quasi tutti con l’enfasi per la latte art e il bere miscelato. Argomenti dei quali siamo profondi estimatori, ma che costituiscono un perfezionamento e non la base per l’operatore dell’ospitalità. Se i programmi sono per lo più simili, i docenti sono per la maggior parte ignoti, quando va bene viene citato il nome, in rasi casi è riportato un breve curriculum.

L’attività formativa è quanto di più importante per il settore del bar per affrontare con successo l’attuale momento, ma i torrefattori devono avere le idee chiare, altrimenti rischiano. E con loro rischia il made in Italy e rischia l’Espresso Italiano.
Per fortuna non tutto è così. Ci sono aziende che tengono alta la nostra cultura senza fare sconti per le mode, che non diventeranno mai tradizione perché innovazione non sono.

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2 Commenti a “Caffè e Barolo libre”

  1. Davide Cobelli scrive:

    Parole sante Luigi!!!

  2. Alberto Trabatti scrive:

    Luigi, rabbrividisco.

    E al tempo stesso mi chiedo: ma questi signori porcheggiatori di grani oscuri, le macchine le avranno di proprietà o saranno in comodato dall’ennesimo torrefattore/finanziaria?

    Perché non si predica questo aspetto importantissimo dell’avere la proprietà delle attrezzature in un pubblico esercizio allo IIAC?

    Oggi sembra un dovere fornire gente che s’improvvisa molto spesso in un mestiere, per chiudere talora dopo breve tempo.

    Chi ha questo in mente, al Caffè degno non guarda. E’ una triste realtà, da tempo, che mercifica il lavoro in nome delle “elargizioni”, mai gratuite, effettivamente.

    O chi le pratica smette di colpo lo stesso giorno, così da essere tutti sullo stesso piano, o tra vent’anni saremo ancora qui a discuterne.

    Ognuno avrà quello che si merita.