FIPE: consumazioni più care anche al bar, se aumenta IVA nella ristorazione

Entro il 2010 l’Iva per i servizi di ristorazione potrebbe salire dal 10 al 20%. È quanto si va profilando nell’ambito della riforma strutturale dell’IVA europea. Secondo i dati diffusi dalla Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi (FIPE) questo provocherebbe un immediato aumento dei prezzi delle consumazioni, una crescita di un punto percentuale dell’inflazione complessiva e una perdita di oltre 95.000 posti di lavoro. Queste previsioni riguardano anche il settore bar.
Per scongiurare questo pericolo una delegazione di FIPE, formata dai vicepresidenti Ilario Perotto e Alfredo Zini e dal direttore generale Edi Sommariva, accompagnata da Confcommercio International, ha incontrato a Bruxelles alcuni europarlamentari italiani e alcuni dirigenti della Commissione Europea. La richiesta avanzata da FIPE è di consolidare l’attuale regime agevolato dell’IVA nella ristorazione e soprattutto di sostenere la proposta di una riduzione dell’aliquota.
Secondo una proiezione effettuata da FIPE, se l’Iva fosse ridotta al 5%, il settore potrebbe tenere meglio sotto controllo i prezzi e vi sarebbe un aumento dell’occupazione di ben 70.000 unità. Secondo FIPE il settore ha tutte le caratteristiche per ottenere un regime ridotto, perché è labour intensive (250.000 aziende, 900.000 posti di lavoro e l’incidenza del  costo del lavoro sui costi totali è pari al 43%), fornisce servizi localmente (il 90% della clientela è residente) e svolge un’attività altamente sociale nei confronti di chi per necessità o per scelta mangia fuori casa in un bar, in un ristorante o in una mensa scolastica, ospedaliera o aziendale. Ogni giorno, secondo le analisi di FIPE, più di 12 milioni di italiani pranzano o cenano fuori casa.

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1 Commento a “FIPE: consumazioni più care anche al bar, se aumenta IVA nella ristorazione”

  1. FILIPPO scrive:

    E’ evidente che ogni volta che l’Unione Europea propone riforme di questa entita’ colpisce le attivita’ produttive sane di ogni paese.Sarebbe il caso di gestire in modo razionale e specifico in ogni paese le leggi che modificano consumi e occupazione e di non fare un calderone unico e confusionario!
    E’ questa l’Europa che i cittadini vogliono,credo!!