Il campione italiano baristi Milos: al Sud più professionalità

Giorgio Milos, 30 anni, docente dell’Università del Caffè di Illy è il nuovo campione italiano dei baristi. Coffee Taster l’ha intervistato.

Lei lavora per Illy ed è arrivato primo al Campionato Baristi Caffetteria. Il suo collega Michele Pauletic, secondo. Una bella soddisfazione per Illy, dato che entrambi lavorate all’Università del Caffè.
Certamente sì, anche se noi siamo venuti qui in veste privata.

Adesso quali sono i programmi?
Adesso comincia la strada verso il campionato mondiale. Dovrò allenarmi e preparare la gara che andrò a fare a Copenaghen. La ripeterò più volte possibile per riuscire ad assorbire i meccanismi e i movimenti, quindi la routine vera e propria. Dovrò allenare anche il mio inglese, ma lo parlo già abbastanza correttamente, dato che normalmente svolgo lezioni anche in inglese.

Quindi il fattore linguistico che l’anno scorso qualcuno diceva aver un po’ penalizzato Mariano Semino quest’anno dovrebbe essere meno influente. Quali sono secondo Lei i rischi maggiori per la finalissima di Copenaghen?
Sono abituato a parlare davanti a un pubblico senza problemi. Certamente quando ti metti in gioco e sei in competizione tutto diventa molto molto più difficile, e quindi il fattore nervoso è sicuramente fondamentale.

Il tempo che avrà a disposizione in gara non la spaventa?
No, il tempo non mi spaventa anche perché durante la finale del Campionato Baristi Caffetteria sono andato benissimo con il tempo. Ho potuto lavorare in tranquillità senza dover accelerare, non ho sprecato troppo tempo nella presentazione, come mi è successo nella semifinale.

Qualcuno sostiene che gli italiani presentano alla giuria del World Barista Championship dei prodotti all’italiana, ma questi sono penalizzati dalla diversità di vedute della giuria. Per esempio quello che per noi è un espresso impeccabile per la giuria magari non lo è. E’ preoccupato per questo?
Sono convinto che, come tutti sappiamo, l’espresso è italiano, quindi tendenzialmente dovrebbe essere questo il metro di giudizio. Sappiamo però benissimo che i gusti di ogni popolazione variano, soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio amaro-acido. A noi italiani piace di più l’amaro nel caffè, mentre magari nei paesi nordici – Inghilterra, Germania – tendono più a valorizzare l’acidità nel caffè. Quindi cercheremo di andare incontro ai gusti di tutti anche portando una miscela che sia equilibrata sia dal punto di vista dell’acidità che dal punto di vista dell’amarezza.

Recentemente è stata presentata la ricerca sulla qualità dell’espresso al bar condotta dall’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e da Altroconsumo. Dalla ricerca emerge che la qualità media non è entusiasmante. Certo non mancano le eccellenze, ci sono molti ottimi professionisti. Mediamente però entrando in un bar in Italia si rischia di avere un espresso più bello visivamente che buono dal punto di vista gusto-olfattivo.
Questo è un po’ un mito da sfatare…

Lei di baristi ne vede tanti. C’è voglia da parte del barista italiano medio di imparare e di migliorare?
Nella nostra scuola passano migliaia di baristi ogni anno, una volontà di apprendere e di migliorare c’è. Sono contento anche perché vedo spesso baristi di 40-50 anni che hanno già un background con un’esperienza ventennale-trentennale e comunque si rimettono in gioco. Certo che non basta mai, ovviamente, perché il rovescio della medaglia è che ci sono purtroppo ancora troppi baristi che pensano di saper lavorare in maniera ideale mentre magari qualcosa da cambiare c’è.

Un torrefattore mi ha detto che loro contano anche nel ricambio generazionale, perché sperano che la nuova generazione affronti il lavoro con più attenzione a certi dettagli.
Il ricambio generazionale va bene, però deve essere supportato dai baristi più anziani, in modo da impostare i giovani nella maniera ideale. Perché non si nasce barista, barista si diventa, e per diventare un buon barista ci vuole una cosa fondamentale: la passione per quello che si fa. Se non credi in quello che fai è meglio che magari vai a fare qualcosa d’altro.

Qual è l’errore che mediamente rileva con più frequenza al bar, tra i tanti possibili?
Sono convinto che una delle problematiche principali per la qualità dell’espresso in Italia, ma anche all’estero, è che le attrezzature non vengono curate nella maniera ideale. Il prodotto caffè non è un prodotto finito, è un semilavorato, quindi deve essere trasformato da chi lavora dietro la macchina. Per questo non è facile fare un espresso perfetto. E’ ovvio che se le attrezzature che utilizzi sono sporche o comunque mal pulite il prodotto in tazza ne risente.

Quindi qual è il consiglio?
Suggerirei di dedicare più attenzione alla pulizia e dedicare più attenzione all’estrazione vera e propria dell’espresso. Purtroppo molti baristi hanno fretta e quindi piuttosto di aspettare i 25-30 secondi canonici di un espresso magari regolano la macinatura per farlo scendere in tazza in 15 secondi, ma in realtà vanno a compromettere il prodotto.

Cosa suggerisce a un ragazzo che vuole diventare barista?
Il consiglio è innanzitutto quello di informarsi il più possibile, leggere libri sull’argomento, quindi sulla materia prima, conoscere la materia prima, perché è fondamentale per poi saperla trasformare. Ascoltare poi i consigli di chi ha più esperienza e soprattutto non pensare che si diventa barista in un paio di mesi, ci vogliono anni per diventare barista.

Tornando alla qualità del caffè al bar in Italia, come la giudica?
Personalmente la giudico elevata, perché comunque ci sono tantissimi baristi molto bravi. Io viaggio in tutta Italia facendo corsi in tutte le regioni. Quello che ho visto negli anni è che man mano che si scende verso il Sud Italia la professionalità del barista sale. Perché c’è più passione, c’è più cuore, si vede che amano di più il prodotto. Mentre magari al Nord si tende più a giudicare l’espresso, il caffè, come un bene di primo consumo, quindi tutti bevono caffè e qualsiasi caffè che ti do va bene lo stesso, ma in realtà non è così.

(Carlo Odello con la collaborazione di Gilberto Nicolini)

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2 Commenti a “Il campione italiano baristi Milos: al Sud più professionalità”

  1. Gianmario GIULIANO scrive:

    Intervista interessante ma avrei gradito conoscere qualche notizia in più dei due “ambasciatori” dell’espresso Giorgio Milos e Michele Pauletic.
    Buon lavoro.
    Gianmario GIULIANO

  2. CHIARA scrive:

    APPENA USCIRò DALLA BIBBLIOTECA MI COMPRERò IL SUO LIBRO MI AIUTERà AD LEARIZZARE IL MIO SOGNO MI PRESENTO:

    IO MI CHIAMO CHIARA HO 20 VORREI DIVENTARE UNA BARISTA E IN FUTURO APRIRE UN BAR MAGARI CON MIO PADRE MA NON RIESCO TROVARE UN CORSO PER DIVENTARE SOLO BARISTE C’è CORSO PER BARMAN VORREI FARE ANCHE QUELLO MA PIù AVANTI ORE MI INTERESSA CERCARE UN CORSO PER BARISTA O UN BAR CHE SIA DISPOSTO AD ASSUMERMI ANCHE PER PROVA MA CHE MI INSEGNI BENE IL MESTIERE TUTTO IL NECESSARIO PER APRIRE UN BAR DATEMI UNA MANO GRAZIE!!!!