Selezione del verde e tostatura: codici chimici e sensoriali

Che si tratti di una prova o di una produzione industriale, la cosa importante è quella di avere un protocollo che ci consenta di valutare il risultato finale con una serie di test validati sul piano dell’affidabilità (capacità di restituirci la realtà), attendibilità (livello di probabilità di ottenere il medesimo risultato ripetendo la prova) ed esaustività (capacità di offrirci un quadro intero e dettagliato della realtà).
I metodi impiegabili sono sostanzialmente annoverabili in due categorie: strumentali e sensoriali. Appartengono ai primi le valutazioni fisiche (colorimetria, granulometria, densità, viscosità ecc.) e le valutazioni chimiche (dalla semplice determinazione del pH alle sofisticate analisi in grado di mettere in evidenza molecole presenti in nanogrammi per millilitro di caffè).
I metodi sensoriali sono invece quelli afferenti alla percezione umana, gli stessi di cui dispone, anche se a livello meno cosciente, un consumatore per decidere se consumare o no un determinato prodotto.
In genere le torrefazioni, anche le più importanti, salvo rare eccezioni, non hanno a disposizione risorse per giungere ad analisi strumentali molto raffinate, né, osiamo dire, è necessario arrivare a tanto nella routine quotidiana. Da sempre il torrefattore basa le proprie scelte sul suo giudizio sensoriale, sorretto dalla propria capacità ed esperienza. E a vedere dai prodotti presenti sul mercato possiamo dire che il risultato non manca. Però il metodo presenta alcuni punti deboli:

  • il numero dei tentativi per raggiungere il risultato è elevato, il che significa che è anche alto il numero di errori;
  • in entrambi i casi, una causa è rappresentata dalla mancanza di possibilità di risalire alle origini del problema e di spiegarlo in termini scientifici;
  • quando il risultato è buono, non sempre si è in grado di renderlo ripetibile con un basso impegno di risorse.

Anche in questo caso è utile applicare la legge di Pareto per ottenere l’80% dei risultati impegnando il 20% delle risorse: un buon piano sperimentale che comprenda un’analisi sensoriale efficace e pochi controlli mirati di analisi strumentale.
Per quanto riguarda la prima concorrono sicuramente i quattro sensi impegnati, volontariamente o involontariamente, nella valutazione: la vista cerca di trarre elementi dall’aspetto della bevanda, in particolare per quanto riguarda l’espresso, che attraverso la crema offre molte informazioni; il tatto rivela la setosità, la corposità o l’astringenza e l’inconsistenza; il gusto si sofferma sui livelli di acido e amaro e sul loro equilibrio.
Ma è soprattutto l’olfatto – non per nulla chiamato l’imperatore degli organi di senso – a determinare il gradiente della bevanda, a farla amare o rifiutare, seppure in modo più o meno inconscio.
La chiave che determina l’atteggiamento del cliente sta soprattutto nella percezione dell’aroma del caffè per via olfattiva diretta (quando avvicina la bevanda alle labbra per il sorseggio) e indiretta, attraverso quanto gli rimane in bocca dopo avere deglutito il sorso.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Roasting (Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

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