Chi non conosce i difetti non è in grado di apprezzare la qualità

Non sempre chi assaggia il caffè ha le idee chiare su ciò che è un difetto e ciò che è pregio, non sempre ha la sensibilità e la capacità di scoprire tra i segnali deboli, quindi tra quelli olfattivi e retrolfattivi, la qualità della materia prima e la maestria degli attori del processo di produzione, barista, se il caso, non escluso.
Ma la qualità inizia in assenza di difetti, rendendo di fatto impossibile la creazione di qualsiasi gerarchia in presenza di un’anomalia sensoriale. Questa, limitandoci all’olfatto che sicuramente è il più potente tra gli organi di senso, si manifesta in tre ambiti distinti: quando la percezione costituisce un allarme igienico, quando c’è un’incoerenza tra la nota aromatica e il prodotto, quando esiste un’incoerenza tra due note aromatiche.
Vediamoli.
Partiamo dal tricloroanisolo, il componente principale del sentore di tappo nei vini, di riato/muffa nel caffè. Le quantità in cui può essere presente in una tazza della nostra bevanda sono del tutto innocue sotto il profilo igienico, ma nel nostro patrimonio genetico è stato codificato come estremamente pericoloso, anche perché marcatore indelebile di un attacco di muffe sulla sostanza organica. Quindi sono sufficienti poche parti per trilione (un trilione corrisponde a mille miliardi) per fare rifiutare un caffè. È dunque il maggiore allarme igienico, insieme alla geosmina.
Che succede invece se nel caffè si sente odore di formaggio, magari dovuto a esteri dell’acido propionico o butirrico? Il problema è rappresentato dal fatto che il caffè non è formaggio e quindi insospettisce di trovare, nella matrice, una nota impropria. Ecco perché viene rilevata come difetto anche quando proposta al consumatore con una motivazione a sostegno, come nel caso dei sovramaturi, dove in realtà, comunque, non dovrebbe esistere. È il caso dell’incoerenza tra aroma e matrice.
Per quanto meno grave, gioca a sfavore della qualità anche la percezione di due note tra loro incoerenti. Un piacevole sentore di frutta fresca con un vegetale evidente contrasta, perché nella nostra memoria non troviamo le due note unite, l’una concettualmente esclude l’altra.
In ogni caso il miglioramento delle capacità di assaggio passa proprio attraverso l’identificazione dei composti che compongono questa classe, altrimenti non si è in grado di consegnare ai consumatori un caffè eccellente: potente, profondo, perfetto.

Per quanti sono interessati all’argomento su L’Assaggio 73 è stato pubblicato l’Albero degli aromi del caffè che riporta le molecole e la percezione principale di cui sono responsabili. Per ottenerlo.

Luigi Odello

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